Si stava meglio quando si stava peggio: lo stupidario di sinistra dal comunismo al “politicamente corretto (dal romanzo “Attioni Spectaculose” di S. P. Garufi

Si stava meglio quando si stava peggio: lo stupidario di sinistra dal comunismo al “politicamente corretto (dal romanzo “Attioni Spectaculose” di S. P. Garufi
ROME, ITALY – OCTOBER 14: Elly Schlein, Secretary of the Democratic Party, participates in the “Argomenti 2000” conference at the Cavour Congress Center, on October 14, 2023 in Rome, Italy. (Photo by Simona Granati – Corbis/Corbis via Getty Images)

X

– Sigarette! – ordinò Peppone.

Mario assentì. Ma, la sua tasca era una specie di carcere di massima sicurezza, dal quale mai nessuna sigaretta era evasa. Prima.

– Ne hai? – incalzò Peppone, col gesto impaziente di due diti davanti alla bocca (cioè, due diti che strapazzavano un’immaginaria sigaretta).

– Ci ne ho – disse Mario. – Fresche fresche dal tabacchino!

– Bene. Grazie per la buona notizia… Ora, però, tira fuori il pacchetto ed offrimene una.

– Certo, capo – disse Mario con la morte nel cuore. – Eccoti qua!

Poi, pensò che la vita è breve e… ma, sì!… decise di prenderla con allegria. Per cui aggiunse:

– Anzi, capo, lo volesse sapere ciò che ti dico? Ci fumo sopra macari e pur anche io!

E accesero.

– Brutta bestia, il fumo! – disse Peppone, dopo un po’.

– Peggio! Peggio!

– Provoca il cancro. E’ dimostrato…

– Preciso preciso come la penso io!

– Perciò non compro mai sigarette!

– E certo! Se sono regalate, che fanno male?

– Cheffà, sfotti?

– Ma che vai dicendo, compagno senatore? Io non mi pigliassi mai di certe confidenze! Casomai, scherzai un poco allegramenti, come è di giusto tra compagni che scherzano!

– Un vero comunista non scherza mai!

– Sempre serio dev’essere?

– Serio e attento!… Hai mai pensato, per esempio, che il fumo potrebbe essere uno dei tanti agenti della reazione sempre in agguato? Non sottovalutare il fatto che il tabacco è una pianta venuta dall’America!

– Come il compagno Veltroni?

– E chi è? Un attore?

– Vossia, compagno senatore, non è a conoscenza del compagno Veltroni?… Il compagno Veltroni è il vice capo di gabinetto della prima Italia sinistra e lavoratora!

– Al partito non si vede mai.

– Ma, voialtri lo votaste al governo!

– Cosa vuoi che ne sappia dei pasticci che ci fa fare D’Alema!

– Anche questo è vero!

– Dunque, questo Veltroni è dei nostri?

– E come no? Diresse L’Unità.

– C’è ancora L’Unità?

– C’è!… Campa tanto per campare, ma c’è!

– Che ci staranno poi a fare in politica, questi intellettuali? Non li ascolta nessuno!

– E che ci possiamo fare? Sono come i vestiti: nascondono le vergogne!

– Allora, se Veltroni è dei nostri, non può essere un agente della reazione!… Vuol dire che adesso anche l’America è di sinistra e comunista! Anzi, no… comunista non va più bene. Noi siamo Democratici di sinistra, mica di Rifondazione Comunista!

– E come?… Non ci sono più… comunista… io?

– Non v’è dubbio alcuno! Non sei più comunista!

– E per ordine di chi?

– Ma per ordine del Partito Comunista Italiano, è ovvio!

– Mi consenta…

– No! Mi consenta non si può dire!… Non è morale parlare come quel pidduista e plurindagato di Berlusconi!

– Mi scusasse, allora…

– E neppure mi scusasse! Così parlano i mafiosi, che sono tutti di Forza Italia! Lascia perdere, è meglio… Piuttosto, cosa pensi che farà don Camillo?

– Eh, capo!… C’è da dire che don Camillo è uno cristiano che ha uno scarpone molto, molto convincente, che uno o ci va d’accordo o ci va d’accordo… mizzica!

– La mia scarpa non è da meno, sta’ sicuro… E sono cristiano anch’io!

E, per meglio dimostrarlo, Peppone prese direttamente dalla tasca di Mario il pacchetto delle sigarette, buttò nel portacenere la sigaretta che teneva in bocca e ne agguantò una nuova di zecca (mentre gli occhi della sua vittima gli guaivano dietro, in un modo che avrebbe fatto piangere anche la pietra più dura).

– Fammi accendere – ordinò Peppone.

Mario andò subito a strisciargli sotto il naso. Mentre Peppone accendeva con lo sguardo che vagava lontano lontano, il fedele scudiero provò a proporglisi come complice, perché se uno non nasce Cesare, prova almeno a fare il Richelieu.

– Va bene, vossia è cristiano… – sviolinò Mario – E che ci sono dubbi?… Ma, pure mascolo di sesso mascolino, spero, quando ci vuole che ci vuole!… Mascolo di core e di scarpa!… Con certi auciddazzi di pretacci su per su tipo don Camillo, Dio a me ha da fare la grazia che vossia deve avere… il mio stesso, preciso preciso e medesimo pensiero!

– Quale pensiero?

– Di sterminiare tutti li pretacci!… La verità! Chi sempre la pensò la più giusta e azzeccata di tutti fu… Lo posso dire?

– Dipende… Che devi dire?

– E se non lo dico… come fa vossia a sapere se posso dire il fatto che io avrei da dire?

– Allora, dillo!

– Va bene, lo dico! Chi la pensò la più giusta e azzeccata di tutti fu… lui!

Peppone ebbe un sussulto, come se due carezzevoli labbra femminili fossero andate a passeggiare sulla sua schiena.

– Lui? – chiese con li occhi che lucean più che le stelle.

Mario assentì col capo. Avea il dolce, tenero, incoraggiante, affettuoso, compiaciuto sorriso della levatrice nell’istante supremo in cui accompagna un parto difficile e felice.

– Stai pensando all’uomo a cui penso anch’io? – chiese ancora Peppone e le stelle che erano i suoi occhi si fecere clarite et caste et pretiose et belle.

L’altro assentì di nuovo, paziente. Ora era il maestro di Cuore davanti all’alunno buono (cioè. scipito e volenteroso).

– Che Guevara? – chiese Peppone.

– Più alto! – disse Mario.

– Palmiro Togliatti?

– Più alto, più alto!

– Mao Tze Dong?

– Ancora più alto!

– Francesco Rutelli!

– Compagno Peppone, qui siamo rasoterra!

– Piace alle signore, però!

E così, di nuovo, tra tira e molla, tra trìspiti e tavuli e tra lazzi e frizzi, si riproponeva l’odi et amo, il nec tecum nec sine te vivere possum dei comunisti. Mario, straziato nella carne e nello spirito, esitava e moriva dalla voglia di darlo… il colpo finale.

– Invece… io… pensavo… al… – disse Mario, perciò, mettendo fuori le parole a tentoni. Sembrava il primo uomo sulla Luna. Tastava quella terra, che non era più Terra, ma su cui era d’obbligo camminare.

– Al… – si spazientì Peppone.

– Al compagno Giuseppe Stalin, detto Baffone!

Guardò Peppone e vide la fotocopia di Sara, quand’ella si voltò a sbirciar dietro, mentre Dio Onnipotente chiudeva i conti con Sodoma e Gomorra. Sed, dixit Caesar: Alea iacta est! Mario, insomma, era ormai oltre il Rubicone, per cui il suo sangue tornò a fluire, allegro e ciacolante come chiare, fresche e dolci acque.

– Che, se tornasse in vita il compagno Stalin… – aggiunse, quindi, col tono dei migliori comizi, – tante e tante cose del mondo tutto quanto si ne andrebbero per il verso più bellissimo!

– No! – gemette il povero Peppone, con un subitaneo salto della rana. Tutto nei suoi gesti e nel suo corpo urlava: Vade retro, Satana!

– Oggi non siamo più d’accordo con la dittatura di Stalin… – continuò Peppone, serio serio…

Poi, di colpo, corse alla porta e guardò furtivamente fuori… Chiuse la porta e si precipitò a tappare ermeticamente la finestra… Guardò sotto la scrivania… Guardò sotto la libreria e sotto il divano… Guardò sotto la carpetta sulla scrivania… Si ricompose e,  solenne come un Cristo Pantocrator, disse:

– Ma, se vuoi sapere come la penso, ti dico…

Pausa, silenzio… e urlo liberatorio finale:

– Che il compagno Stalin è stato il vero, grande padre della classe operaia internazionale!

E, per buona misura, rifinì le parole con un bel saluto a pugno chiuso.

A quel punto, anche Mario si scatenò. Salutò a pugno chiuso. Poi, abbracciò Peppone e gli dette tre baci sulla bocca, come usano fare i russi. Poi, tutt’e due insieme, intonarono Bandiera rossa, Bella, ciao, Papaveri e papere e Buongiorno, Tristezza! Quindi, sfilarono in corteo in giro per la stanza.

– Fascisti, borghesi, ancora pochi mesi! – gridò Peppone.

– Fascisti, carogne, tornate nelle fogne! – gridò Mario.

– El pueblo unido, guemas serà vencido! – gridò Peppone.

– L’utero è mio e lo gestisco io! – gridò Mario.

– Questo non centra – gli disse Peppone.

– Mi scusasse, compagno… E’ che nel piacere entusiastico mi era sembrata una frase bella di compagni – disse Mario.

Restava ancora da cantare l’Internazionale comunista e in un minuto, con voce ormai arrochita, colmarono la lacuna.

– Oh, finalmente! – esclamò Mario, stanco, ma col cuore ancora non domo. – Questa si chiama vita!… Lavoratori di tutto il mundo, unitevi!

– Non avete da perdere che le vostre catene! – esclamò Peppone ed abbracciò Mario. – Che musica! Che forza! Che poesia!

– Bene, bravo compagno capo! E senza talè e talè! Ci dico e anzi ci affermo papale papale che il compagno Stalin fu uno cristiano di acciaio inossidabili!

– In russo la parola Stalin vuol dire proprio acciaio!

– Ah, chi gran cristiano fu Stalin!

– Oddio, cristiano! Veramente, tanto religioso, non lo era… Ma faceva bene, capperi! Con lui, i preti, al più erano buoni come selvaggina!

– Ci sparava e se l’ammuccava!

– Che centrano le mucche?

– E che ci entrano le mucche, che poi sono le vacche? In Sicilia per ammuccare si vuole intendere mangiare.

– Si mangiava i preti… E che era un cannibale?

– No, no, scanzatini Signuri! E che si mangiava, allora?

– Boh! Penso le mucche!

– E sicuro che si mangiava macari ed anche le mucche… Ma le mucche, che poi sono le vacche, ce le mangiamo tutti! E che ci era bisogno del compagno Stalin per questo? E minchia! Il compagno Stalin, quando un pretaccio alzava poco poco gli occhi sopra i soldi di denari di una vecchierella… Zacchete!… Ammazzava di corsa il pretaccio e si pigliava tutti i soldi per il partito della sinistra lavoratora e per il compagno sindaco del partito, che poi sarei io medesimo sottoscritto!

– Oppure, come nel nostro caso, li dava al compagno marito, cioè a me!

– Giusto! Ma, a me medesimo sottoscritto compagno sindaco spetta di comandare nella bella fabbrica che vossia vuole fare nascere!

– Esattamente! Stalin avrebbe fatto appunto così! Col carattere che aveva, avrebbe ammazzato tutti i preti! Già ci sarebbe stato il giudizio universale! Già sarebbero suonate le trombe di Gerico!

– Bene! Chiamiano Gerico, allora!… Ma chi è? Un compagno musicista?

Nel vano della porta comparve un’ombra nera, a portare la notte sul sol dell’avvenire.

– Proprio così! – disse l’ombra. – Suona nella banda dell’armata rossa, con Satana e Belzebù!

Era don Camillo.

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Pubblicato da terrazze Studio Garufi&Garufi

Salvatore Paolo (detto Rocambole) Garufi ha insegnato Lettere, Storia dell0Arte, Storia e Filosofia nelle scuole statali del Piemonte, della Liguria, della Campania e della Sicilia. Ha scritto opere di narrativa e teatrali ed è autore di monografie su Vitaliano Brancati, George Orwell, Santo Marino, Sebastiano Guzzone, Giuseppe Barone, Filippo Paladini e Enrico Guarneri (Litterio).

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