Goliarda Sapienza, “A mia maqdre”, post di Cinzia Rigolli uscito nel gruppo “L’angolo della cultura” (l’eredità immateriale della “Poesia realista”)

Goliarda Sapienza, “A mia maqdre”, post di Cinzia Rigolli uscito nel gruppo “L’angolo della cultura” (l’eredità immateriale della “Poesia realista”)

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Cinzia Rigolli  ·   · 

Goliarda Sapienza (1924-1996) nacque a Catania da famiglia socialista rivoluzionaria. A partire dai sedici anni visse a Roma, dove studiò all’Accademia di Arte Drammatica. Negli anni Cinquanta e Sessanta recitò come attrice di teatro e di cinema lavorando, tra gli altri, con Luchino Visconti (in Senso), Alessandro Blasetti e Citto Maselli. Al suo primo romanzo, Lettera aperta (1967), seguirono Il filo di mezzogiorno (1969), L’università di Rebibbia (1983), Le certezze del dubbio (1987) e, postumi, L’arte della gioia (1998), i racconti Destino coatto (2002), Io, Jean Gabin (2010), Il vizio di parlare a me stessa (2011), le poesie Siciliane (2012) e Ancestrale (2013), La mia parte di gioia (2013), Elogio del bar (2014), Tre pièces e soggetti cinematografici (2014), Appuntamento a Positano (2015) e Lettere e biglietti (2021).”

(Dal sito dell’editore Giulio Einaudi)

Finisce anche in carcere, Goliarda Sapienza, per furto. È il 1980. E tutto ciò che scrive fino alla sua morte non uscirà per nessuna casa editrice.

“Il carcere è uno sconosciuto pianeta che pure gira in un’orbita vicinissima alla nostra città. Di questo pianeta tutti pensano di sapere tutto esattamente come la Luna senza esserci mai stati. Perché chi ha avuto la ventura di andarci, appena fuori si vergogna e ne tace o, chi non se ne vergogna s’ostina a considerarla una sventura da dimenticare». Sono queste le parole di Goliarda Sapienza che ci introducono nella città penitenziaria vista dai suoi occhi e raccontata nel suo libro “L’università di Rebibbia”.

A mia madre

Quando tornerò

sarà notte fonda

Quando tornerò

saranno mute le cose

Nessuno m’aspetterà

in quel letto di terra

Nessuno m’accoglierà

in quel silenzio di terra

Nessuno mi consolerà

per tutte le parti già morte

che porto in me

con rassegnata impotenza

Nessuno mi consolerà

per quegli attimi perduti

per quei suoni scordati

che da tempo

viaggiano al mio fianco e fanno denso

il respiro, melmosa la lingua

Quando verrò

solo una fessura

basterà a contenermi e nessuna mano

spianerà la terra

sotto le guance gelide e nessuna

mano si opporrà alla fretta

della vanga al suo ritmo indifferente

per quella fine estranea, ripugnante

Potessi in quella notte

vuota posare la mia fronte

sul tuo seno grande di sempre

Potessi rivestirmi

del tuo braccio e tenendo

nelle mani il tuo polso affilato

da pensieri acuminati

da terrori taglienti

potessi in quella notte

risentire

il mio corpo lungo il tuo possente

materno

spossato da parti tremendi

schiantato da lunghi congiungimenti

Ma troppo tarda

la mia notte e tu

non puoi aspettare oltre

E nessuno spianerà la terra

sotto il mio fianco

nessuno si opporrà alla fretta

che prende gli uomini

davanti a una bara.

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Pubblicato da IL GIORNALE DI ROCAMBOLE

Salvatore Paolo (detto Rocambole) Garufi Tanteri ha insegnato Lettere, Storia dell'Arte, Storia e Filosofia nelle scuole statali del Piemonte, della Liguria, della Campania e della Sicilia. Ha scritto opere di narrativa e teatrali ed è autore di monografie (Vitaliano Brancati, George Orwell, Santo Marino, Sebastiano Guzzone, Giuseppe Barone, Filippo Paladini).

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