Garufi, Rocambole – L’Osteria del Sogno Antico – Commedia

Garufi, Rocambole – L’Osteria del Sogno Antico – Commedia

Rocambole Garufi

Enrico Guarneri

Il Sogno Antico di Giovanni Verga

Commedia

INTRODUZIONE

Nel buio della sala si sente la voce di Jean Trenet che canta La Mer

Voce di Giovanni Verga (fuori campo): Dopo la mezzanotte il vento s’era messo a fare il diavolo, come se sul tetto ci fossero tutti i gatti del paese, e a scuotere le imposte. Il mare si udiva muggire attorno ai fariglioni che pareva ci fossero riuniti i buoi della fiera di sant’Alfio, e il giorno era apparso nero peggio dell’anima di Giuda. Insomma una brutta domenica di settembre, di quel settembre traditore che vi lascia andare un colpo di mare fra capo e collo, come una schioppettata fra i fichidindia. Le barche del villaggio erano tirate sulla spiaggia, e bene ammarrate alle grosse pietre sotto il lavatoio; perciò i monelli si divertivano a vociare e fischiare quando si vedeva passare in lontananza qualche vela sbrindellata, in mezzo al vento e alla nebbia, che pareva ci avesse il diavolo in poppa; le donne invece si facevano la croce, quasi vedessero cogli occhi la povera gente che vi era dentro.

Voce di Mazzacanagghia: Senti, senti!… Senti un po’ come quel galantuomo del Maestro Giovanni Verga ci fa vedere l’altra faccia del mare, che oggi vediamo liscio come l’olio e tranquillo come il cacciatore che sa dove si nasconde la lepre da acchiappare…

Luci sul palcoscenico. Si vede il lungomare di Ognina e il Faro della Plaja.

Entra Mazzacanagghia con Felice Mmuccalapuni.

Mazzacanagghia (guarda verso il Faro): E tu, vecchio faro, non parli, tanto per cambiare… Con la pioggia o col sole te ne stai tranquillo come un Papa, aspettando la notte per segnalare con la luce la tua posizione: un occhio al mare e uno sull’Etna! E chi gli dice niente, a un faro! Il faro vede e sente, ma se ne sta muto come gli amici di don Currau U Triacusu. In certe tempeste di acqua e in certe tempeste di lava nelle due belle pentole del diavolone siciliano, noi cristiani e le nostre disgrazie facciamo su e giù, come i maccheroni, mentre il faro ci guarda e non parla! Mi pare l’omertà precisa precisa fattasi pietra e luce!… (guarda Felice e fa una smorfia sconsolata)… Vabbé, non ci hai capito niente!… Ma che sto a dire queste cose a te, che di nome fai Felice e di cognome Mmuccalapuni!

Felice: Ci fussa na vota ca vui rapiti a ucca senza allinchirimi di paroli!

Mazzacanagghia: Ecco! Hai detto giusto! Noi siciliani gli insulti li chiamiamo parole, perché siamo come questo faro! I cunti, le miniminagghie, dei libri di scuola ce li portano da forestiere. Ci ballano davanti e le parole ce le mettono loro… e sempre si tratta di parole di offesa per noi.

Felice: Mah! A chiacchiri vinciti vui! Ma, vi sentu predicari da quannu vi canusciu e… il risultato qual è? Pani e cipudda aieri e pani e cipudda auoggi!

Mazzacanagghia: E chista è na fissaria! Le nostre vere parole, mio caro Mmuccalapuni, non sono le cose che diciamo, ma le cose che facciano… Così, qualche volta ci riesce che, insieme alla cipolla, si rimedia anche un pezzo di tumazzu. L’ho detto: i siciliani e questo faro apparteniamo alla stessa famiglia. La voce grossa la lasciamo al mare e all’Etna. Noi e il faro, invece, zitti zitti… ci diamo aiuto coi fatti. Nello scuro e nel freddo la gente vede il faro e chi torna dal lavoro in campagna… e sa come si fa a trovare una casa e un piatto caldo. Le nostre parole sono i fatti, Mmuccalapuni! Non le parole!

Felice: Giusto! Però, spiegatolo anche a mio compare Mario U Mammaluccu, che parla come se stesse vendendo il pesce nella pescheria sutta U Liotru…

Mazzacanagghia: E niente! Mmuccalapuni eri e Mmuccalapuni arresti! Mario parla a voce di testa perché, quando è in campagna, deve farlo sentire da lontano che lui c’è, prima che qualche cacciatore distratto spari nel cespuglio che lo nasconde, scambiandolo per una lepre… Come vedi, anche in questo caso, il parlare è un fatto e non è parola!

Felice: Mizzica! Ora capisciu pirchì vi chianunu Socrate Mazzacanagghia, u stancapinseri dei pezzenti do Furtinu!

Mazzacanagghia: E tu che ne sai di Socrate?

Felice: Vita, morti e miraculi ne so! Vui mi ni parrati tricentu voti o jornu!

Mazzacanagghia: Te ne parlo per le tante cose che non mi piacciono, in questa Catania che mai cambia!

Felice: Comu u vinu annacquatu di donna Lina da Civita, a mugghieri di don Diegu Pisciaporti, U Prufissuri…

Mazzacanagghia: Parlane con rispetto! C’è una lunga storia dietro il matrimonio di mio compare Diego Maltisi con donna Lina Vassotto.

Felice: E scummettu ca ma vuliti cuntari… o no?

Mazzacanagghia: No! Questo colpo non te la racconto io. Faccio un incantesimo da artista e te la faccio raccontare direttamente dal mio amico Faro. Certe volte, dopo anni e anni di bocca scordata, anche a lui viene la lusinga di raccontare come cammina il mondo e ne viene fuori una meraviglia…

macchina del fumo. Mazzacanagghia e Muccalapuni vanno via. Buio sulla scena con le note de La mer.

Luce. Comincia la commedia.


Atto primo

Scena I

La scena è divisa in una parte anteriore ed una posteriore.

Davanti si vede uno scorcio della Civita in esterno, con tanto di lampione a gas, insegna e sedile davanti alla porta dell’Osteria del Sogno Antico.

Siamo agli inizi del Novecento. Le signore, oltre al capriccio dei cappellini, vestono ancora con la crinoline, secondo la moda donna-centauro, come si vedono nei quadri dei post-impressionisti. Le popolane vanno in gonne lunghe, camicie, busti e scialli. I signori adottano cappello, giacca stretta e cravatta (il protagonista, in segno di spavalderia intellettuale, porta il cravattino nero a laccetto degli anarchici). I popolani stanno in berretto, camicia e gilè sotto una giacca di velluto. Turi, inoltre, indossa un ampio mantello nero.

Nella parte posteriore del palcoscenico c’è l’osteria, al lato della quale si intravede una stretta traversa. All’interno, tavoli e sedie sparsi e un bancone con ripiano di marmo. Sul bancone gran quantità di bicchieri, boccali, bottiglie e bottiglioni. S’indovina che la cucina è nella stanza accanto. Da un’altra porta si intravede una scala, che porta alla cantina.

Personaggi della commedia:

Lina Vassotto (l’ostessa), Turi Carnaci (un ladro), Nicola Fortuna (compagno di Turi), Diego Maltisi (un intellettuale socratico), Sara Porticato (una prostituta), Antonio Vassotto (padre di Lina, fuochista).

Il protagonista principale, Diego Maltisi, sfoggia una certa eleganza e non si separa mai dal suo bastone da passeggio. Ha studiato ed ha fatto qualche viaggio all’estero, per cui nell’ambiente della Civita vienee chiamato, con rispetto, “U Prufissuri”. I nemici, però, lo indicano come Diego “Pisciaporti”, attribuendogli una certa propensione al bere.

Personaggi della scena:

Turi e Nicola.

Dal buio della traversa spunta Turi Carnaci di corsa, dentro il suo mantello. Si ferma e rallenta il passo. Guarda intorno, arriva fino all’altro lato del palcoscenico, torna all’imbocco della traversa.

Turi: Di cursa, Nicola! Si voli Diu, cca, finalmenti, nun c’è nuddu… Firmamini!

Nicola (uscendo dall’ombra): Uff! Stu corpu manco lo so come ni ivu bona!

Turi: Iu, ditta pulita… i carti l’àiu a postu! Ma, a tia chi ti furriau nta testa, stanotti?… Fàrici u borseggiu beddappuntu a muggheri do prufissuri Maggiorana!

Nicola: Nella confusione, fu quella l’occasione che mi capitò a portata di mano! Sono cose che capitano, fratello caro! Mi dispiace, ma purtroppo… non è che la signora ce l’aveva scritto in fronte, chi era! Fino a quel momento… cu ni sapiva cosa, di prufissura e duttura?

Turi: Stava vicinu o sinnicu… to putiviti immaginari che era meglio passiarici luntanu! Non è che si va a pestare la coda al cane che dorme!

Nicola: Eh no, fratello caro! La signora non stava vicino al sindaco… Si era allontanata di qualche metro e stava a parlare ncutta ncutta con un giovanotto in uniforme. Da lui, poi, pigliò un foglio e se lo mise in borsa… (ridacchia) mentre il marito si raspava la testa!

Turi: E, forsi, macari u sinnicu, ditta pulita… aviva a mangiasciumi, se è vero zzoccu si dice!

Nicola: Può essere!… Ora che ci penso, fu il sindaco che ittau a vuci di testa u primu Pigghiatulu!

Turi: Oh, santu cristianu!… Cca mancu di cane che dorme si tratta! Tu, ditta pulita… sei andato a pestare la coda a due tori arraggiati!… Maritu e amanti già in allarme… pronti, sul chi va là… E spunti tu, babbasuni di Malpassu, per fari scatinari tutta la sbirraglia catanisa! Autru ca aviri i carti a postu! Cca, nun o sacciu si niscemmu vivi di sta trappola!

Nicola: La mia preoccupazione, fratello caro, non sono stati gli sbirri!… Purtroppo, mi sono accorto che il mondo ormai cammina a testa sotto!… Si sapi che, alla fine degli spettacoli, girano più borsaioli in piazza Teatro Massimo che in tutto San Berillo… Onestà vorrebbe che tra colleghi ci si dovrebbe… non dico aiutare, ma almeno non ostacolare!… Che è successo, invece? Ladri e borsaioli mi saltano addosso come cani di caccia… e, se non venivi tu a tirarmi fuori… nu bellu surbizu pi mia era assicurato!… Manco se avessi toccato la mamma di don Currau Beddasacchetta!

Turi: Nun ci semmu, Nicola, nun ci semmu propriu!… Sì cchiù vecchiu di mia, ma mi pari ca di politica ni mastichi picca e macari nenti!… I carti si debbono tenere sempre a posto! Gente come u sinnicu o u prufissuri Maggiorana sono, ditta pulita… cristiani cchiù beddasacchetta do stissu don Currau!… Parrunu tutti educati, pirchì… iddi!… i carti i tenunu a postu!… E quannu scrivunu… scanzatini Signuri!… Cu si ci metta contru?

Nicola: Io no, fratello caro… sicuro come la morte!… Anzi, speriamo che non mi canuscìu nuddu! La birritta l’avevo calata bene sugli occhi e u tuttu potta durari… chi t’àvissa a diri?… na taliata di schifu!

Turi: Speriamo! Ma, per prudenza, io venni a lavorare col mantello e tu no…

Nicola: E cu u pusseda, u mantellu?

Turi: Così, però, tutti poterono vedere i tuoi vestiti, senza contare eventuali malpassoti che ti conoscono… e ca ponu sempri parrari!

Nicola: Nooo! A questo punto di sbirritudine al mio paese non ci arriva nessuno!

Turi: Ma… po sì e po no… fussa bona cosa ca ti cangi i vistita… e subitu subitu!

Nicola: Cu quali robbi?

Turi: Chistu è un problema…

Nicola: Forse no, fratello caro… (guarda verso il fondo della strada e tira il compagno ad appiattirsi contro il muro)… C’è un tipo che sta venendo qua… A occhiu, la corporatura mi pare quella giusta… Amu fattu trenta, facemmu trentunu!… Mi scangiu i robbi… e, si voli Diu, c’è macari u casu che si rimedia n’autra borsa!

Turi accenna di sì con la testa ed i due si nascondono nel buio della traversa.

Scena II

Detti, più Diego

Entra in scena Diego Maltisi. Va con calma. Nicola gli salta addosso da dietro e gli punta in gola il coltello, per trascinarselo nel buio. Esce Turi.

Nicola: Mutu o finisti di campari!

Turi (dopo aver visto in faccia l’aggredito): Fermo gioco, Nicola! E’ u prufissuri!

Nicola: N’autru?

Turi (mentre libera Diego dalla minaccia di Nicola): Chistu ni voli deci di chiddu d’antura!… Ma, cu vi ci purtau cca, prufissuri?

Diego (si rassetta, indica l’osteria): Lì c’è l’osteria di Lina, l’unica aperta a quest’ora… Fa friddu, ho sete ed anche un po’ di fame… Ragiona matematico! Secunnu tia, cu mi ci purtau?

Nicola: Stanchizza e malutempu!

Turi: Siamo sicuri?… Prufissuri, se volete vi pozzu addumannari scusa… ma non pigliatemi, ditta pulita… per i fondelli! Si duna u casu che, al momento, io e l’amico mio siamo un tanticchiedda fora di pinseri… nirvusi… nsumma, molto sospettosi!

Diego: Se è per questo, è un bel pezzo che con la testa non ci siete proprio… Infatti, vengo da piazza Teatro Massimo…

Nicola: Collega?… (con la mano fa il gesto di rubare).

Diego (lo guarda. Poi, ignorandolo ostentatamente, a Turi): Cu è?

Turi: Cui, Nicola?… Unu di fora zona… ma è n’amicu!… Normalmenti tratta vacchi e cavaddi a Malpassu… Stasera venne a darmi una mano!

Diego: E ta desa, na bona manu!… Beddappuntu con una… che manco si doveva taliare!

Nicola: Lo so, fratello caro, già me lo disse Turi… proprietà sindacale, a quanto pare!… Ma, io non lo sapevo… Pozzu addumannari scusa, ma oramai… il fatto è fatto!

Diego: Peccato!… Peccato per te, naturalmente, perché lo dovevi sapere che, per il borseggio, a Catania si stila come nei paesi civili: bisogna avere il benestare del capo-zona… senza talè e talè!

Turi: Ma perché vi arruffate, prufissuri? Voi non siete della malavita… e manco politicante!

Diego: Alle regole ci tengo, però! A modo mio, sono un uomo d’ordine!

Turi: Ordine e disciplina i putiti pritenniri quannu fati u prufissuri… Ma, cca non siamo a scuola e u borseggiu si fa pi bisognu e non pi pigghiarisi un pezzu di carta…

Diego: Nella vostra situazione non ci sono carte che risolvono niente… Hai fatto prendere uno spavento… indovina a chi?

Nicola: All’amanti del sindaco, lo so! E che sarà mai? Ce lo vedete voi a fare sfraceli, con tutta dda gran panza?

Diego: No, figliuolo, non all’amante del sindaco, ma alla moglie del professor Totuccio Maggiorana, avvocato di fiducia… ma, che dico, avvocato?… amico carissimo, compagno d’armi!… di don Currau Beddasacchetta!

Turi (indietreggiando e facendosi il segno della croce): Oh, Matri Maria Santissima!

Nicola: Ah!… (prende la borsa rubata)… Ecco qua, fratello caro, tenete! Non ho toccato niente… manco l’ho aperta… come faccio a ritornargliela?

Turi (gli leva a volo la borsa): Ci penso io!

Diego: Da’ qua, invece, Turi… che, se ci vai tu da don Currau, ti metti nta ucca do liuni e basta… (Turi dà la borsa a Diego, che la apre, controlla e tira fuori un biglietto. Legge velocemente)… Certo, che l’amico tuo ha messo una bella vampata sopra una cassa di dinamite!… (intasca il foglio e porge di nuovo la borsa a Turi)… Tieni un momento.

Turi (tenendo in mano la borsa e accennando con la testa al foglietto): Roba compromettente?

Diego: Perché mai, secondo voi, avete avuto contro tutta la delinquenza di Catania? Ragionate matematico…

Nicola: Perché… senza volerlo, fratello caro… mancai di rispetto a… (accenna in alto con gli occhi)… o no?

Diego (a Turi): E tu che pensi?

Turi: Nenti! A occhiu, mi pare una reazione esagerata!… Ma, come dite sempre, il maestro dei ragionamenti matematici siete voi… Aspetto che me lo spiegate, prufissuri!

Diego: Io so… per sentito dire, naturalmente… che l’ufficiale che parlava con la signora è palermitano… Suo padre è avvocato, con tanti clienti nel quartiere della Kalsa… Sta a vedere, mi sono detto, che quel giovanotto è protetto da amici palermitani di don Currau, che, come è noto, è uno che all’ospitalità ci tiene!

Turi (fa una smorfia): Ditta pulita… u ragiunamentu fila…

Diego: Fila e basta?… A me pare matematico, addirittura!

Turi: Ma, forse… se torniamo la borsa alla signora… con tutte le scuse del mondo, ci mancherebbe!… Ditta pulita, non mi pare una malaparte tale da pretendere il sangue!

Diego: E don Currau può mai permettere che certe lettere siano conosciute da due scassapagghiara, magari col ghiribbizzo di provare a ricattare, o… peggio!… a confidarsi con gli sbirri?… La risposta dalla tu!

Nicola: Ora u cuntu torna, fratello caro, anzi non torna per niente!… A stu puntu, morti pi morti, è meglio cercare di farsi pagare!

Turi: Macari iu, caru prufissuri, pensu ca u cuntu non torna! E, se la volete sapere tutta, mi pare che ora siete voi a… ditta pulita… a non avere le carte a posto!

Diego: Sintemmu l’avvocatu, perciò! Unni sta u problema?

Turi: Per fare quadrare il tutto, debbo pensare che non vi trovate qui per caso, tanto per venire a bere un bicchere del vino di Lina… Cercavate qualcuno, prufissuri? E, soprattutto, ci fu, ditta pulita… un altro qualcuno che vi mandò a cercare?

Diego: Cercavo un’osteria aperta e basta!… Anche se… ti consiglio di cambiare questo bottone di madreperla, tanto femminile, che ti sei fatto cucire nel mantello… Per un occhio addestrato, un bottone è sufficiente per riconoscere qualcuno…

Turi (imbarazzato): L’ho arrangiato da un vecchio mantello di mia madre…

Diego: E’ vero! L’ho notato più o meno venti giorni fa, quando sei venuto a trovarmi per farti scrivere la lettera a tuo zio Tom, che sta a Nuova York…

Turi (sordamente): Sono nei guai, allora?

Diego: No… A me l’opera lirica piace e non mi perdo mai uno spettacolo del Teatro Massimo, ma non credo che ci siano altri coi miei gusti che sappiano come è fatto il tuo mantello… col buio i mantelli parunu tutti i stissi!… Il vero problema sono i vestiti di Nicola… quelli penso che ormai li sa tutta Catania!

Nicola (sarcastico): E, dopu tutta sta matematica, avissa a pinsari che, beddappuntu sulu pi casu… istuvu a nzirtari u postu unni truvari a nuiautri!

Diego: E che ne sai tu, del caso?… Il caso, certe volte, ragiona più matematico delle teste!… Facciamo due più due, come dicono a Londra… Si scappa sempre ne stratuzzi scogniti, per sparire dentro un’osteria a portata di mano… E’ matematico o no?

Nicola (indispettito): Nun v’allargati supecchiu, fratello caro! Se non mi fermava lui (accenna con la testa a Turi), nun c’era matematica che mi vietava di scannarvi!

Diego (accenna a Turi): Se non ti fermava lui, può darsi che tu saresti già morto…

Turi (si mette in mezzo fra i due): Chi sunu sti cosi?… Prufissuri, comu parrati? Mancu vui mi pariti!… E tu, Nicola, addumannici scusa, o prufissuri!… Ci manca sulu ca ora, ditta pulita… ni mittemmu a fari Orlando e Rinaldo, come i selvaggi!

Diego: Di sicuru, normalmente non è cosa mia fari u tagghia tagghia, ma…

Nicola: Allura, dicitimi a virità: vi mannau Beddasacchetta?

Diego: No.

Turi: Eppure, penso che anche lui vi stima… come tutti a Catania… Solo voi potete sperare di parlargli ed essere ascoltato…

Diego: Vuoi che gli parli, allora?

Turi: Proponetegli di recuperare… (mostra la borsa) questa!

Diego: Forse basterebbe la lettera… Ma, è vero pure che i soldi nella borsa li ho visti… Sono tanti!

Nicola: Ora cominciate a straviare, fratello caro!

Diego: Che problemi hai?

Nicola: Se restano, i soldi restano per chi ha lavorato… Provate ad avvicinarvi troppo e vi fazzu vidiri subitu cu ci l’appizza!

Turi: Mutu, Nicola!… (a Diego) Ditemi se ci aiutate… E, soprattutto, tanto per tranquillizzare Nicola, ditemi cosa volete in cambio.

Diego: Vi aiuto perché… sono vecchio, ormai!… Alla mia età piace stare in pace con l’anima, come dicono a Roma… Ti ho visto crescere, Turiddu, e ti so cristiano con la testa sulle spalle!… Siamo amici da una vita, o no?… E mi hai sempre portato rispetto… E’ meglio una soluzione da uomini di mondo! I soldi vanno e vengono, si sa, anche se… voglio essere sincero… beddappuntu stasera non mi dispiacerebbero.

Nicola: Resta na dumanna: quantu ni costa?

Turi (a Nicola): E stutila sta ucca!… (a Diego) E cu don Currau che potete fare?

Diego: Posso provare. E’ matematico che io faccia la mia parte… Spero che quel galantuomo si accontenti della lettera… e, penso, della normale percentuale che gli tocca sui borseggi di piazza Teatro Massimo.

Nicola: E a questo punto, fratello caro, a nui chi n’arristau?

Turi: A vita, Nicola! Ma, se ti pari picca…

Nicola: Certi voti può bastare.

Turi: E sempri se don Currau accetta.

Diego: Era peggio se, per disgrazia… (indica la tasca dove tiene la lettera) stu fogghiu non si trovava. Ma, trovatolo… macari don Currau, a modo suo, è un omu di paci!

Turi: Di paci eterna… sì!

Diego: In ogni caso, ce l’hai un’alternativa?

Turi: No… E, ditta pulita… nun vidu l’ura di mittirimi i carti a postu!

Diego: Perciò ti devi fidare… (a Nicola)… E tu che mi dici, cugino caro?

Nicola: Ma, manco se ne deve parlare! Io, per principio, non mi fido di nessuno!

Diego: Perché hai la testa dei malpassoti! Chi non sa ragionare… o non si fida di nessuno, o si fida di tutti. Chi ragiona capisce quando si deve fidare, quando no… e, soprattutto, fino a che punto! E’ matematico!

Nicola: Se permettete, fratello caro, io ci ho un’altra matematica… Ammazzo voi e, per quanto riguarda Beddasacchetta… va nzerta cu semmu!

Turi (vivacemente): Ma, non diri fissarii!… Beddasacchetta capisce le cose prima ca ti fai a cruci… ci puoi calare la pasta!

Diego: Assolutamente matematico, caro Turiddu!

Turi (pensa un po’): Va beni, prufissuri!… Nicola, sarba u cuteddu e stringi la mano all’amico mio!

Nicola (guarda Turi): Ti vuoi pigliare tu la responsabilità, fratello caro?

Turi: Certu, se ti pare una responsabilità… salvare la pelliccia di tutt’e due!

Nicola (esita, ma poco): Pi mia, va beni… basta ca ci la finemmu!

I tre, a turno, si baciano ed abbracciano.

Diego (a Turi): Ora dammi la borsa, che vado a parlare con don Currau… Voi due aspettatemi all’osteria… Tranquilli! Non gli dirò dove siete! Anzi, fai una cosa, Turi… Vai da Sara… l’ho lasciata che passeggiava proprio dietro l’angolo… Chiedile di fare il palo per voi, mentre mi aspettate da Lina… Mangiate, bevete… (a Nicola) ma tu, o ti cangi i vistiti, o stai nell’ombra fino a quando non procuriamo autri robbi… (con tono affettuoso) Ah, diteglielo a quell’ostessa selvatica… i soldi per pagarla ce li metto io!

Nicola: Ma, fratello caro… non ti pare meglio farini ammucciare in qualche casa amica, anziché all’osteria?… Siamo sicuri che don Currau non faccia il ragionamento che hai fatto tu?

Diego: Di sicuro, c’è sulu a morti!… Però, ripeto… chi ragiona capisce quando… ma, soprattutto, fino a che punto… ci si deve fidare!… Se girano soldi, quante case amiche pensi che ci siano a disposizione?

Turi: Pinsannuci… di tutti chiddi ca canusciu, c’è sulu Lina ca nun si vinnissi pi sordi…

Diego: Quindi… fatemi prima parlare con don Currau e poi vediamo!

Turi: Non c’è niente da fare, Nicola, dobbiamo fidarci…

Diego: Appunto! E, se non ci sono colpi di testa, mi impegno a tirarvi fuori da questa situazione!

Turi: Vaiu a chiamari a Sara, allura?

Nicola: E sucammuni macari a Sara!… Chi, pi idda ci volunu autri sordi?

Diego: Qualchi cosa… ma, è na carusa bona e di picca pretese!

Turi: Ora pi daveru semmu ne vostri mani, prufissuri. Ci vuole tutta la spirtizza che a Catania vi riconoscono per… ditta pulita… spudigghiari sta pratica!

Diego: Io non te ne posso dare, sicurezze, caro Turiddu!… Però, una grossa mano d’aiuto ci può venire da Sara… Di lei mi fido. Come potevo venire alla locanda, dove era alto il rischio di trovare i borseggiatori del Teatro Massimo, senza incaricare una persona di fiducia, per riferire ogni cosa a don Currau, in caso di pericolo?

Turi (guardando significativamente Nicola): Non ti pare matematico, Nicola?

Turi porge la borsa a Diego, che, avutala, la intasca con calma, saluta con la mano e si avvia.

Scena III

Personaggi: Turi, Nicola, poi Sara

Turi (a Nicola): U capisti. Nicola? Si, pi disgrazia, te lo lasciavo ammazzare… u capisti chi bellu lazzu o coddu n’àvumu misu?

Nicola: Io, fratello caro, capii solo che, dopu tantu travagghiu e rischio, sarà un miracolo se ne usciamo vivi!

Spunta Sara Porticato.

Sara: Serve compagnia, Bellezze?

Turi: Ni serva aiuto, Sara… e tu lo sai bene!

Sara: Lo so. Passando, don Diego mi ha fatto cenno di avvicinare, ma…

Nicola: Aspetta un momento, frate… sorella cara!… Ma, se dovevi venire tu, pirchì u prufissuri ni dissa a nui di circari a tia?

Turi: Te lo dico io, il perché… Co prufissuri nun succeda mai chiddu ca tutti s’aspettunu! Non c’è uno, nel quartiere Civita e a Catania, che non lo sa… U prufissuri è u Prufissuri e basta!… Anche se certi maiali grossi, gente con la puzza sotto il naso… politici intrallazzisti e proprietari di feudi… lo chiamano don Diego Pisciaporti, solo perché qualche volta gli è capitato di bere un po’, come ci capita a tutti… Ma, io dico che la loro è tutta invidia… perché sti pezzi di nuvanta, cu tutti i sordi ca si mangiunu, sempri cammareri restunu… Al professore, invece, per farsi rispettare ci basta a sa matematica… e nuddu u cummanna!

Nicola: Va beni, va beni… Ma, ancora non ho capito chi sensu c’è a dirci di cercare una che già stava venendo…

Turi: Fu parrata a baccagghiu, Nicola! Cerca cu àvi bisognu…

Sara: Turi, tesoru!… Cu àvi bisognu fussi megghiu ca ascutassi, inveci di diri babbarii! Lina, pi mia, è peggiu di na soru… E chi dici?… Mittemmu l’osteria sutta u tiru di don Currau, facennu i garibaldini senza Garibaldi… armati solo della vostra bedda faccia?

Nicola: Ma, comu ragiunati a Catania? Cu cumanna nta sta città? I buttani, i prufissura… o l’omini di rispettu?

Sara: A Catania cumannunu i prufissura, perché nun semmu a Roma e mancu semmu birdoculi comu a tia!… I buttani, però, ponnu dari qualchi bonu cunsigghiu, data l’esperienza…

Nicola (con aria scettica): Sarà!

Sara: Chista è a zita, se ti piace! Stanotte, si cammina sapendo dove mettiamo i piedi, senza rumpirini u coddu!… Se non ci state, arrivederci e grazie!

Nicola (accennando ad andare via): Allura, arrivederci e grazie, sorella cara!

Turi (trattenendolo): Arrivederci a to soru a monica, minchiuni!… Ma, ce la vuoi finire di sdirrubbari cantuneri?

Sara: Lascialo stare, Turidduzzu… Il male che uno si può fare con le sue mani… manco u cchiù tintu nemico! Piuttosto, dammela tu una risposta!

Turi: E chi risposta ti pozzu dari, Sara? Si fa come dici tu. In tutta la Civita u prufissuri è unico… non per niente ha tanto rispetto!

Nicola: Senza fare parte della cumacca?

Sara: No, quali cumacca! Tutti sappiamo apprezzare i buoni consigli e a tutti ci può capitare di avere bisogno di uno che ha confidenza con penna e calamaio, soprattutto se le cortesie arrivano solo quando sono richieste.

Turi (a Nicola): Perciò, volere o volare, caro Nicola… per avere le carte a posto, ni tocca sulu d’appuzzari!

Sara: Ora parli come un uomo col cervello, giuiuzza! Talia, vogghiu cuntariti na parabola… Manco due ore fa, passiando passiando, mi trovai al Tunniceddu da Plaja…

Turi: E ti ficiru a rapina! Chidda non è zona di don Currau!

Sara: Turi, beddu do ma cori! Se non hai la pazienza di scutari una parabola… che affari ci pozzu fare con te?

Turi: E quannu a fìcimu, sta società?

Sara: Speravo stanotti, zuccuru… Ma, se non ti piace, non se ne parla più! Chiudemmula cca e itivinni all’osteria… Io resto a fare il palo fino a quando non torna u prufissuri… Però, chi piccatu!

Turi (a Nicola): Vai tu, Nicola! Trasa e cumincia a mangiari… Io resto a tinirici cumpagnia, a questa bella signora!

Nicola: Pirchì? Iu nun pozzu partecipare?

Turi: Hai la mia parola che zzoccu ci diciamo te lo racconto e che non prendo impegni senza tua autorizzazione!

Nicola (guardando significativamente Sara): Mah! Nto mentri ca c’èrumu… Quantunque! Ta vidi tu! Io, fratello caro, in mancanza, va mangiu!

Sara: C’è tempu, tesoro, c’è tempo! Va mangia, intanto… ca crisci e ti fai forti e beddu!

Nicola fa il gesto di lasciar perdere e va all’osteria.

Scena IV

Personaggi: Detti, più Lina.

Turi (piano a Sara): Ora, o parri chiaru o, ditta pulita… giuru ca ti scannu!

Nicola (dopo aver bussato alla porta dell’osteria): Posso entrare?

Lina (comparendo): Dipende da quanti piccioli vi trovate dintra la sacchetta.

Nicola: Mancu un sordu! Ma, u prufissuri manna a dire che paga tutto lui…

Lina: U prufissuri? E cu è?… Ah! Don Diego Pisciaporti, volete dire… Se paga come parla, ve ne potete tornare di unni vinistuvu!

Nicola (urlando, a Turi e Sara): Chisstu perché u rispettunu tutti a Catania, il tuo maestru… veru Turi?

Sara (si fa avanti, per farsi vedere): Fallu trasiri, Lina! I soldi ci sono, garantisco io! Poi ti spiego…

Lina (vedendola): Ah, Sara! Se è cosa tua, o spieghi o non spieghi, cangia completamente sunata… (si mette da parte e fa cenno di entrare) Prego, accomodatevi!

Nicola fa un goffo inchino ed entra.

Scena V

Personaggi: Sara e Turi. In chiusura Diego e Lina.

Sara: Volevo arrivare fino al Faro…

Turi: Ancora? Lascia perdere il racconto del nonno e parla chiaro!

Sara: Cercavo la mia amica, Cuncittina A Niura…

Turi (fa un gesto rassegnato): E va beni| Speriamu ca nun diventa troppu longa!

Sara: Vi trovai un mortorio che non ti dico! Febbraio è un mese disgraziato! Tra freddo e festa di Sant’Agata… (accenna con lo sguardo)… a vostra signura va in letargo! Mancu si fussi na scuzzarra!

Turi: Veramenti, mi succedi l’esatto opposto…

Sara: Vanterie! Se i masculi avissuvu u cori quantu aviti a ucca!

Turi: Ferma! Basta! Sbagghiai!… Ci manca solo il limìo al femminile, per completare l’opera!… Piuttosto, mettiamo le carte a posto! Andiamo alla conclusione!

Sara: La conclusione sta nel fatto che mi trovavo nel regno di Turi Pignata di fumu… Nun mi disegnarru a faccia a ferru di cavaddu, solo perché Concettina si mise nel mezzo… Ma, non è detto che fra un poco di tempo non vengono a finiri u travagghiu!

Turi: Ma, a tia cu ti ci purtau a scunfinari? Appoi, fai tutta a maestra di vita cu mia e Nicola! I carti, bedda mia, si debbono tenere sempre a posto, per stare tranquilli e non pagarla di faccia!

Sara: Don Currau mi ci purtau, babbasuni!… Si vulissa allargari e cerca a scusa pi na guerra…

Turi: Oh, binidittu Diu! Sentu puzza di mpidugghi e di guai!

Sara: Mi serve un amico che non mi perda d’occhio,,, alluvoti ci fussa una distrazione di don Currau nel proteggermi…

Turi: Certu!… C’è solo un problema… eppoi, a mia chi mi protegge da don Currau, dopo che s’incazza perché ci livaiu a fimmina?

Sara: E iu chi ci staiu a fari?

Turi: Appuntu, comu ristammu antura?… Bedda, tu mi devi levare dai guai che già ho… non portarmene altri!

Sara: Non c’è nessun problema, se anche tu ti metti agli ordini di don Currau…

Turi: C’è macari di sapiri chi ni pensa Nicola…

Sara: Parrici!

Turi: Pi dirici chi?

Sara: Di trasiri macari iddu…

Turi: Sutta don Currau?

Sara: Esattamenti!

Turi (fa un gesto di disperazione): Mizzica, ora sì ca mi furriavu a testa!… Fino a prova contraria, Nicola ancora, pi l’amico tuo, fussa carni morta!

Sara: Videmmu chi cummina u prufissuri… Ah! E’ chiaru che sia iddu che Lina non sanno niente di tutta la mia storia…

Turi: Ancora Lina!… Tu, a sta Lina, a canusci megghiu di mia… Per davvero… ni putemmu fidare?

Sara: Lina è a megghiu amica do munnu, carduni!… Secunnu mia, u prufissuri se la dovrebbe maritare… Piccatu che ancora quei due non l’hanno capito!

Turi: Aspetta, aspetta, che mi sono perso un passaggio… Di che stamu parrannu?

Sara: D’amuri, viddanu! Lina non fa altro che allinchiri don Diego di male parole, ma quando capita che ritarda a venire all’osteria… sta sempre con l’occhio alla porta!

Turi: Eh, vidi chi problema! Ditta pulita… cca c’è Beddasacchetta che non so se mi vuole scannare o mi vuole nella banda, Pignata di fumu che vuole tagghiari a faccia a tia, ancora Beddasacchetta che fa la guerra a Pignata di fumu… e, se aspittammu ancora, chi lo sa chi diluviu universali spunta!… Però, di chi parrammu? Di Lina innamorata di un professore detto don Diego Pisciaporti, e… (scandendo le parole) non l’ha ancora capito!… Matruzza bedda! E ora comu facemmu?

Sara: Se tua madre, quando ti fece, al posto del cuore ci metteva una ficudigna, faciva cchiù cumparsa!… Che ne sai, tu, di quanto ha sofferto Lina? Fussa macari ura che si sistema, sta povera figghia!… (cambiando tono)… E, mentri che ci semmu, perché io e te non cerchiamo di ingrandirci un pochino col commercio del vino?

Turi: Appostu! Arrivau u diluviu universali! Pi nun farini mancari nenti, pinsasti a n’autra guerra contru i paturnisi!

Sara: E che è colpa mia, giuiuzza, se questa gente pretende di avere l’esclusiva del vino da imbarcare per l’estero?

Turi: Come volevasi dimostrare!… Ma, ora dimmi: pi mia chi cangia, se m’ammazza don Currau, o Pignata di fumu, o l’amici di Paternò?… Di stu passu, ditta pulita… conviene che mi ammazzo io e non ne parliamo più!

Sara (resta un po’ in silenzio. Poi, comincia a guardarsi intorno): Chi friddu sta facennu, però, Turidduzzu miu! Chistu para tempu di nivi! Ci pensi ca forsi nivica?

Turi: U diciva iu, ca u friddu di stanotti non era cosa normali… A tia, per esempio, ti si agghiacciarru tutti i rotelli nta testa!

Sara viene presa da una contentezza infantile. Stende la mano a prendere qualche immaginario fiocco di neve ed assaggia.

Sara: A nivi a Catania, Turi! Che bella festa di Sant’Agata ci putissa essiri dumani… L’ultima vota ca visti a nivi ero na picciridda, a Bronte… Mi ricordo che mia nonna mi diceva sempre che a Catania solo quando nevica a genti sa passa bona…

Anche Turi fa finta di prendere dei fiocchi di neve ed assaggiarli.

Turi: Chi sapuri ruffianu àvi sta nivi!… (ride)… Mi futtisti, Saruzza!

Abbraccia la donna. Spunta dall’ombra della traversa Diego, che si avvicina a Lina, affacciatasi sulla porta.

Diego (a Lina, prendendola per il braccio): Ci sono due curbacchi, qua fuori, che giocano a fare i piccioncini… Non mi pare educazione disturbarli… trasemmu!

Senza rispondere, quasi non aspettasse altro, Lina lo segue all’interno. Buio sulla scena.

Scena VI

Interno dell’osteria.

Personaggi: Diego e Lina.

Lina (mettendosi le mani ai fianchi): Sintemmu! Sentiamo che fissarii mi volete impatocchiare stasera!

Diego: Che linguaggio scorbutico e antipatico! Ma, ti viene mai l’ispirazione di dire una parola gentile? E’ tanto complicato per te essere una femmina normale?… E poffarbacco!

Lina: Nun cuminciammu a diri paroli fitusi!

Diego: Manco San Francesco, quando parlava col lupo, vitti i peni che ci ho io, con te!

Lina (si fa il segno della croce): Lassàtili stari i santi! San Francesco non aveva a che fare con i catanesi!

Diego: Eppure, nessuno ti ha mai mancato di rispetto… a cominciare da me!

Lina: Perché Lina Vassotto si fa l’affari suoi e perché c’è la protezione di Sara Porticato, che fa il mestiere che fa, ma è una santa!

Diego: Mah! Se è per questo, macari don Currau Scursone, detto Beddasacchetta, a Catania lo credono un santo… picca ci manca che domani tutta la Civita se lo porta in spalla, insieme a Sant’Agata!

Lina: E che c’entra Scursone?

Diego: Non lo so, vediamo!… I soldi per aprire l’osteria chi te li ha dati?

Lina: Solo Sara mi ha aiutato… Poi, c’è qualche debito che vado pagando…

Diego: Bene! Credo che stanotte ho trovato il modo di farteli togliere tutti in una volta, i tuoi debiti…

Lina: Prufissuri…

Diego: Sì…

Lina: Cu tuttu u rispettu pi ma soru Sara, iu nun fazzu u stissu misteri…

Diego: Mi offendi se mi fai capace di una proposta del genere… Rispetto per rispetto, con tutto quello che meriti… e che nessuno ti toglie… io sono sempre don Diego Maltisi, detto U Prufissuri…

Lina (imperturbabile): Oppure detto don Diego Pisciaporti… U Prufissuri è una ngiuria di accomodo, usata dai civitoti ignoranti!

Diego: Pipita nta lingua a mia, quando faccio il signore con la sorella pazza di Peppa a cannunera!… In ogni caso, stanotte, con tuo onesto guadagno, dovremmo tirar fuori dai guai due ragazzi imprudenti…

Lina: Lo so. Uno è Nicola, che sta di là, in cucina… e si sta mangiando tre uova fritte e mezzo chilo di pane, tanto per dirvi quanto è preoccupato…

Diego: E l’altro è Turi, che si è messo a fare il cardellino con Sara, là fuori… Due incoscienti, come vedi!

Lina: Certo, ora bisogna vedere cosa decide di fare don Currau… Nicola mi ha raccontato i fatti di stasera.

Diego: Con don Currau ci ho parlato io… Forse, la faccenda la sistemiamo e tu ti paghi i debiti…

Lina: Torna parrinu e sciuscia!… Don Diego… non vi mettete a fare il pisciaporti con me!

Diego: E che ho detto di male?

Lina: Nun mi piaciunu i furriati.

Diego: Non ti fidi di me?

Lina: Non mi posso fidare! Avete il difetto peggiore… siete un uomo… e, perciò, un porco!… Comu tutti i masculi!

Diego: Scanzatini Signuri, chi lingua!

Lina: Parrati chiaru e nun vi succedi nenti.

Diego: Sant’Aituzza bedda, dammi la forza di non affucari questa putiara indisponente!… Santa pazienza! Riproviamo… con calma… spero… Tu, però, intuppati la bocca e apri le orecchie!… A chi viene a farti delle domande, devi dire che Nicola per tutta la sera ha aspettato Sara all’osteria, per parlare di certe cose che don Currau ha in mente di fare…

Lina: Ma, mancu pi nenti! Ma, che mi fate scema?… Io non vi aiuto e tagghiammula cca! Non mi voglio fare disegnare la faccia, io!

Diego: Ma, fu Sara a dirmi che potevi darci una mano!

Lina: Sara è comu na soru…

Diego: E dunque la cosa è fatta…

Lina: Ma, iu pi misteri fazzu a putiara, dugnu u vinu, un piattu di favi, ova e nenti cchiù!… Non ho niente a che fare con la malavita!

Diego: Un minutu, tantu pi mettiri, comu dici sempri Turi, i carti a postu!… Vedi che io campo con quel tanticchia di giardinu d’aranci che mi lasciò mio padre alla Chiana… e basta!

Lina: Allura cu vi ci porta dintra sti centu missi?

Diego: Se posso, senza interesse, io gli amici li aiuto… a cominciare da te. Nella borsa della signora Maggiorana c’erano un bel po’ di soldi…

Lina: Unn’è u truccu?

Diego: Non c’è trucco… Non mi interrompere e macari una testa dura come la tua lo capisce!… Seguimi nel filo logico… Però, Signuruzzu beddu, cu o pinsava ca mi viniva tantu di cchianata!… (si fa vento, come se avesse caldo)… A prissioni mi fici isari!… Io, mia cara amica… nell’occasione di dare aiuto a Turi Carnaci, detto Cuteddu di sita, ed al suo amico malpassoto… mi piacissa risolvere pure un problemuccio mio!

Lina: Auguri!

Diego: Unni, però, ci trasi tu e Sara…

Lina (sorpresa): E chi c’entra Sara?

Diego: A carusa mi disse che vorrebbe allargarsi col commercio del vino… Don Currau le dà il permesso e qualchi cosa di sordi… Si tratta, insomma, di cambiare posizione…

Lina: E comu no? I paturnisi dalla posizione verticale la mettono in quella orizzontale!

Diego: E ci mancava che non faciviti a cucca! Ai paturnisi ci penserebbe don Currau… con l’aiuto di Turi e dei malpassoti…

Lina: Ma, che ci pensa e pensa!… Già fussa na cosa bona se si riesce a levare dalle mani di Beddasacchetta quei due poveri Cristi di Turi e Nicola!

Diego: E cca trasa la tua testimonianza… Don Currau non vuole ammazzare nessuno… Al massimo, ha l’obbligo di stutari sulu cu fìcia u borseggiu…

Lina: Nicola, perciò!

Diego: Non lo conosce… appena appena si cono visti i vestiti… Portiamogli un morto fresco fresco… con addosso a ddi robbi… e Beddasacchetta è contento lo stesso!

Lina: E se poi scopre il trucco?

Diego: Mi fai così pazzo da non averglielo detto prima? A lui basta dare la giusta soddisfazione agli amici palermitani… Per i macellai di Catania e provincia tratta capi che vengono dalle terre dei Maggiorana a Serradifalco, zona palermitana… Stasera, quel giovanotto in divisa era qui per un certo latitante che si nasconde da quelle parti!

Lina: Nto mentri ca c’era, però… come si dici… un viaggiu e du’ surbizza… l’utile e il dilettevole… un colpo al cerchio e uno alla botte… o no? Non fate sempre così, voialtri porci masculi?

Diego: Di sicuro, non faccio pettegolezzi!… Iu sacciu sulu ca sugnu masculu… Ma non ne capisco niente di utile, di dilettevole, di trispiti e storie!… So macari, però, che il foglio che trovai nella borsa scippata da Nicola non era una lettera d’amore… ma c’era scritto quanto basta che, se finiva sul “Giornale di Sicilia”, un ministro poteva salutare la poltrona!

Lina: Allora… praticamente… siamo già tutti bell’e morti!

Diego: Tranne me, nessuno ha letto il biglietto… Eppoi, c’è sta guerra contru Pignata di fumu… A don Currau servono giovani di fegato, capaci spudugghiarisilla quannu c’è confusioni… Turi e Nicola non gli servono morti…

Lina: Ma, non eravate onesto, voi? Invece, mi sa che siete uno di quei serpenti che stanno appizzati all’orecchio di chi può far danno…

Diego: Io non ce l’ho la forza di cambiare le cose! Io non faccio male a nessuno, ma so bene in che razza di mondo vivo!

Lina: Dopu quanti biccheri u sapiti?

Diego: Tanti! Tutti quelli che co vogliono pi truvariti simpatica!

Lina: Chiffà? Ci pruvati?

Diego: E qua amu trasutu no difficili!… Ma, ci fussa diavolu ca… una sola volta!… dalla tua bocca uscisse una parola gentile!

Lina: Chi parola gentile ci può essere per dire imbroglio?

Diego: Chi sacciu?… Politica, commercio, affari, stima, fiducia, simpatia… e… all’ultimu all’ultimu!… amuri!

Lina: Un minuto!… amuri di chi nicchi nacchi?… Vacci piano col caliaturi, don Diego!

Diego: Hai ragiuni! A curpa è mia!… Sugnu iu a bestia, per insistere a parrari con una satanassa sarbaggia!

Lina: Mentre voi, che volete ammazzare un puvureddu ca nun ci curpa pi mittirici i robbi di Nicola… voi siete civilizzato e signore, no?

Diego: Chi ha parlato di ammazzare? Ai Tre cancelli, cimitero di Catania, chi mancunu i morti già bell’e pronti?

Lina (confusa): Pochi chiacchiri e non mi cunfunniti a testa!… Ammiscati marbi e marbizzi e ancora non capii di chi stamu parrannu…

Diego: La verità?

Lina: La virità!

Diego: La verità è che da una vita ti moro appresso!

Lina: Botta di sangu!

Diego: Cuminciammu bonu!

Lina: No, vogghiu diri… botta di sangu a mia!

Diego: Ora va meglio… Ma, non mi pare una risposta.

Lina: Pinsannuci…

Diego: Pensaci, pensaci con calma… macari per un minuto sano sano… poi dimmi sì e ti ritrovi un uomo a lato!

Lina (riflette): Ah, no!

Diego: Non ci pensare più, che fai danno!

Lina: Ah, no!

Diego: Se vuoi, ti dico tutte le poesie che scrissi per te…

Lina: Ah, no!

Diego: Ti porto dei fiori?

Lina: Ah, no!

Diego: E chi passau, l’angilu?

Lina: Bedda, Matri Signuri!

Diego: Mah! Almeno cangiasti musica! Si vidi che l’angilu fu spertu… scappau!

Lina: Fati cuntu ca ora scappati macari vui!

Diego: No, bedda! Io ti vorrei sopportare per sempre, secondo i sacrosanti comandamenti di Santa Romana Chiesa… Cattolica e Apostolica!

Lina: Tuttu stu trafficu?

Diego: La dico veloce: ti voglio maritare.

Lina (rabbonita): Per avere il vino gratis?

Diego (con un mezzo sorriso): Beh, quello non si rifiuta mai… almeno mi levo il saporaccio dell’acqua benedetta…

Lina: E io… chi mi maritu, un vecchio?

Diego: Lina, se mi mariti… appoi nun no sacciu cu si stanca prima!

Lina: Avete quasi trent’anni supecchiu…

Diego: Tutta forza sarbata!… Ma poi perché mi fai tanto vecchio?

Lina: Quanti anni avete? Sessanta?

Diego: In effetti, ho la valìa di tre cristiani di venti… Ma, sono quarantanov’anni…

Lina: Poffarbacco!

Diego: Quasi cinquanta, vah! Non ti si può ammucciare niente!

Lina: Voi non mi state antipatico…

Diego: Tutta Catania la pensa precisa precisa come a te.

Lina: Mi mettete allegria… Ma…

Diego: Ma?

Lina: Non posso!

Diego: Lina, per questo l’Italia non va avanti! Qui il governo dice sempre non posso… tranne quando si tratta di fare la guerra, o aumentare le tasse!

Lina: Sono dello stesso parere!… Ma, non ho capito chi ci trasu iu col governo?

Diego: Votila a posso e abbiamo fatto la rivoluzione!

Lina: Mi piacissi…

Diego: Megghiu. Basta dire posso e mi piacissi!

Lina (indica la testa): Il problema, però, me lo ritrovo dentro…

Diego: E’ il problema di tutti, non ti scantare… Apri una testa e trovi sulu stubbitaggini ammiscati cu chiacchiri… Matematico!

Lina: Ho visto tante pene…

Diego: Pensa a quante ne ho viste io nei primi due anni di vita…

Lina: Trovatello?

Diego: No, ma quanto latti m’appa sucari!

Lina: Voi ci scherzate…

Diego: Perché, se parlo serio a situazioni cangia?

Lina (gli urla in faccia): A me, da piccola, al posto del latte, diedero… purcitudini!

Diego (si rabbuia): Ah!… Da piccola, dici?… (va a sedersi e si versa del vino)… Te lo pago, non ti preoccupare… (Beve, riflette)… Ora mi scantu iu!

Lina: E di che? Il male lo fecero a me.

Diego: Appuntu!

Lina: Perciò è meglio che lo racconti io, l’infame male che ho subito…

Diego: Forse è meglio non sapere.

Lina: Livatici i spiranzi! Prima o poi, viene un estraneo e ve lo riporta a modo suo.

Diego: Hai ragione! Raccontamelo tu, allora…

Lina: I miei ricordi schifosi mi fecero diventare scorbutica… (va a sedersi e si versa da bere)… Nasciu a Raddusa…

Diego: Unni fannu u pani bonu.

Lina: E solo questo c’è di buono in quel paese… Poi, se levate il pane e ci mettete mio padre… u fetu paparìa in tutta la Chiana!

Diego: Per essere così, aveva le sue disgrazie… purtroppo… Mi pare matematico.

Lina: Aviti ragiuni! Comu disgraziatu… mio padre è disgraziatu pi daveru!

Diego: Alzava le mani?

Lina: Era sempre mbriaco!

Diego: A miseria, Lina, a miseria! Che ci vuoi fare?

Lina: E isava i mani spissu e continuu…

Diego: Sempri a miseria! La miseria è una bestia ladra!

Lina: Non ci la fate, tutta questa prosopopea, a chi parla ruttanno e sparanno pirita! Gente come a mio padre…

Diego: Non dire più del giusto… Sei sua figlia. Hai il dovere di volergli bene.

Lina (alterata): E perché? Per dirgli tante grazie, dopu ca si pigghiau la mia ingenuità… quando avevo nov’annuzzi mancu fatti?

Diego (imbarazzato): Scusami…

Lina: Che me ne faccio delle scuse?… Avete parlato di matrimonio, o no?… Matrimonio significa diventare una famiglia?… E va bene, perciò, cominciamo a spartirini i peni!… Siete voi che mi avete messo in testa il sentimento… ciò che mi è mancato da bambina!… Se non buffuniavate.

Diego: Non scherzavo… Ma, ho la preoccupazioni che non faccio un affare… Io vorrei, però…

Lina: Voi ora mi scutati e basta!… E’ giusto che vi racconti tutto…

Diego: Non è una cosa necessaria…

Lina: E’ importante, invece! Poi, si vede se insistete con la vostra proposta…

Diego (con un sospiro): E scutammu!

Lina: Semmu na famigghia di bummari… Mio padre spara nelle feste di paese e i Santi di Catania e dintorni li conosce tutti pari…

Diego: Bonu! Avi più materia per dumannari perdono… o per bestemmiare!

Lina: Eccome! Quando bestemmia lui, Giuvanni Grasso non sapissi fare ridere cchiù assai!

Diego: Ora pare che lo ammiri…

Lina: Non c’è niente da ammirare in un animale che faceva campare la famiglia dentro un purtusu di casa, chinu di surgi, pulici, prùvuli, micce, carta, pasta di bruciari… e corna!… Uno che per testa non ha una testa, ma un panaru di vaccareddi!… Vi scandalizzate?… Ma, ora ve la calate tutta, la mia bella carusanza!

Diego: Ne parliamo domani… Domani è la vigilia di Sant’Agata… Siamo tutti più buoni e ci può scappare il miracolo… Fra l’altro, abbiamo ancora da aggiustare la situazione dei ragazzi…

Lina: Eh, no! Troppo comodo, mastr’Andrea! Se volete che io vi aiuti non voglio soldi… ma stanotte si travagghia pi mia!

Diego: Ah, ora tutto comincia ad essere chiaro… direi matematico… (si ferma a riflettere)… Io sono un uomo per bene, non un pupo… cosi tinti nun ni fazzu…

Lina: Un maritu ca difenna a mugghieri non è un pupo.

Diego: E, sta difisa, quanto deve essere… pisanti?

Lina: Nsumma!

Diego: Non è una risposta.

Lina: Domani viene mio padre…

Diego: E chi voli ancora?

Lina: Sordi! Che può volere?

Diego: E non è la prima volta, vero?

Lina: Spunta ogni anno per la festa. Spara nella piazza di Ognina e poi passa da me. Si metta a fari vuci, mi alza le mani e mi scippa il guadagno di un anno!

Diego: Chi porcu!

Lina (gridando): Esattamenti! Porcu!… E i porci pi Sant’Aita si scannunu!

Buio sulla scena.

Scena VII

Esterno dell’osteria

Personaggi: tutti.

Diego (dopo aver riflettuto): Va bene… (va alla porta)… Turiddu, vena cca, u papà! Pi stasira finisti di jucari!

Turi (ridendo): E chi giocava? Ci pigliavamo il freddo perché non volevamo disturbarvi… (ironico) papà!… (Lina esce e si pone accanto a Diego. Turi la vede e sorride)… Ciao, mamma!

Lina (si rasserena): Ciau, cretinu!

Diego (ha un breve sorriso): A megghiu parola fu chidda non detta, Turiddu!… Non ti hanno insegnato niente, i tuoi colleghi palermitani?

Turi: E cu parra?… Sugnu cretinu, ma non ammuccalapuni!

Diego (di colpo serio): Turi, non si scherza più…

Turi (si fa serio, avvicinandosi): Quali è u problema?

Diego: Ci fussi travagghiu pi tia…

Nel frattempo è comparso Nicola sulla soglia dell’osteria ed ha sentito le ultime battute.

Nicola (inserendosi): Un minuto, un minuto, fratello caro!… Se stiamo parlando di travagghiu… Iu e Turi travagghiammu nsemula!

Diego: Proprio tu, no! Fino a quando nun ti cangi i robbi, tu Catania Catania non ci cammini… Anzi! Talia chi fai… Pigghiti una coperta e te ne scendi nella cantina dell’osteria. C’è tantu di ddu vinu ca u tempu t’avissa a passari… Ti chiamiamo quando tutto è pronto… Tu, Sara, se vuoi, tieni compagnia a Turi…

Turi (prendendo Sara e mettendosela al fianco): A fari chi?

Diego: Stanotti vulissa che tu travagghi pi mia, a pagamento…

Turi: E u guadagnu quant’è?

Diego (gli porge la borsa): Tutti i sordi do Teatru Massimo e l’aiuto mio e di Lina…

Turi (prende la borsa, a Lina): Chi significa?

Lina: Non sei tu che impazzisci pi stu prufissuri tanto matematico? Ora, chi mi cunti?

Diego: Turi, di me ti fidi, o no?

Turi: Mi fido, certu… almenu, mi fidava fina a stu mumentu!

Diego: E sai pure che sono una persona onesta…

Turi: Sempre almeno fina a stu mumentu…

Diego: Dobbiamo celebrare un processo, Turi!

Turi: Un processo?… Ah, u capii! Una cosa alla manera di don Currau?

Diego: No, un processo secondo giustizia! Dobbiamo riparare a un torto antico, che la legge non ha visto.

Turi (guarda Lina e scuote la testa): I fimmini!

Lina: Pirchì talii a mia?

Turi: Pirchì, ditta pulita… tu e Sara siti da razza cchiù tinta, cioè fimmini e sperti!

Lina: Che c’è? Pigghiasti cunfidenza?

Turi: Sì, quanto basta per farmi dare ordini.

Diego (sorride): E chi ti può dare torto?

Turi: Vulissi u Signuri c’avissa tortu!

Diego: Mi devi trovare l’imputato e me lo porti qua, Turi… vivo!… (a Lina) Come si chiama tuo padre?

Lina: Antonio Vassotto fu Benedetto e fu Marastella Griffo, meglio noto come Antonio Scorcia…

Nicola: E chi stamu scrivennu, fra… sorella cara? Un certificato?

Turi: Ditta pulita, Nicola… a mia mi pari precisu precisu un certificatu di morti.

Diego: Questo non lo possiamo dire, per ora!… Forse, il signore lo trovi a Ognina, impurtusatu scogghi scogghi con qualche carusazzu… (prende un po’ di soldi dalla tasca e glieli dà)… Pigghiàtivi una carrozza, che fa freddo!… Portatelo qua, senza che anima viva capisca cosa.

Turi: E tutto questo senza il permesso di don Currau?

Diego: Che vuoi che gli interessi, a don Currau, di Antonio Scorcia?

Turi (sospira): Mah!… Per esperienza fresca di serata…

Diego: Tranquillo! Si tratta di rendere giustizia alla migliore amica di Sara!… Vuoi che, con una raccomandazione di questa, Sant’Agata e don Currau abbiano in contrario qualcosa?

Turi (scettico): Pi don Currau, nun truvannuci disturbu, no… pi Sant’Aituzza… Bah! Speriamu ca u jocufocu da festa a lassa cuntenta… almeno a piazza Borgo!

Diego: Speriamo!… Eppoi, casumai ci sunu sempri i cannilora!

Turi prende per un braccio Sara e si avvia.

Fine primo atto

Atto secondo

Scena I

Freddo. All’interno, l’osteria è diventata tribunale. Un tavolo a mo’ di cattedra ed altri per avvocati, imputato, giuria.

Personaggi: Tutti.

Turi (da dietro la porta, bussando): Siamo arrivati!

Diego: Chi siete?

Turi (idem): Peppino Garibaldi, Nino Bixio e Camillo Benso, conte di Cavour!… Prufissuri, cu putissa essere a quest’ora?

Sara (da dietro la porta): Sei sempre il solito polemico! E’ giustu dumannari cu tuppulia… per sicurezza!

Turi (idem): I dui di notti? A cu ci spirciassa… e cu stu tempu di lupi?

Antonio (da dietro la porta): Ahiai!

Diego (aprendo): Chi sacciu a cu ci spercia… Pi camora, come dicono ad Addis Abeba… vidu un masculu, na fimmina e un porcu che si lamenta!

Turi: Va beni, però ora ni fati trasiri?… Cca, ditta pulita… u friddu para muzzicatu da tarantula!

Diego: (si volta verso Lina, che sopraggiunge con Nicola): Arrivarru!

Lina (guarda con disprezzo il padre): Si capisci do fetu!

Antonio: Ma, unni sugnu?

Turi: Lo saprai, tranquillo! Ma, trasemmu… qui fuori si aggigghia!

Diego (a Lina): Tu devi stare calma… Tuo padre verrà giudicato secondo giustizia… tanti acchietti, tanti buttuna!

Lina: E ti pare una cosa facile? Sempre di mio padre si tratta! Io non mi scanto mai… ma stanotti…

Diego: Stanotte hai vicino gente che ti vuole bene…

Lina (sorride): Mettiamola così!

Diego: Purtroppo non si può più tornare indietro… Nicola, che è il più interessato alla condanna, farà la parte dell’accusa… Turi, tu sarai il difensore.

Nicola: Non mi piace fare lo sbirro, fratello caro!

Diego: Lo so che non ti piace, ma di sicuru ti conviene, Nicola!… Ora tu ti scangi i vestiti con questo signore ed il processo che don Currau doveva fare a te, noi lo facciamo a lui…

Nicola: Chi? Chi?… E voi, fratello caro, mi mettete a paragone con questa cosa lurda?

Diego: Per tutt’e due… la condanna porterebbe allo stesso risultato!

Nicola: E se questo simpaticone viene assolto?

Diego: A iddu i robbi non glieli torni… E, per salvarci da don Currau Beddasacchetta… chi sacciu!

Nicola: Mizzica, prufissuri! Non mi avete tranquillizzato per niente!

Turi: Ma, nenti nenti!

Nicola: Prufissuri, ora non ci sto io a questo gioco!

Turi: Nicola è un amico mio… ed io che difesa sarei, se, ditta pulita… ho la quasi assoluta necessità di una condanna? Non mi pare che le carte siano tanto a posto!

Diego: La perfezione non è di questo mondo e, in ogni caso, ci sono io che mi sforzo di essere equilibrato… La cosa sicura è che Nicola mai sarà abbandonato… Vorrà dire che, se Antonio Vassotto viene assolto, cercheremo un’altra soluzione… magari con una visita al cimitero!

Turi: Quest’ultima soluzione mi pare un tanticchia arrunzata… Ma, ditta pulita… di solito, ci a nzirtati! Videmmu comu camina a cosa!… (si avvicina ad Antonio)… Amuninni, don Antoniu… Nicola, vena in cucina, per cambiarti…

Nicola: Subito e con piacere, fratello caro!

Turi (ad Antonio, che si lascia trascinare quasi di peso): E quantu pisi?… (a Diego)… Disgrazia voli, caru prufissuri, che con i vostri calcoli matematici, ditta pulita… non si fanno i maccarruna!… U viditi? Per mettere le carte a posto… ci siti vui ca pinsati e, purtroppo… iu ca travagghiu!

Diego: E’ matematico!

Scena II

Personaggi: Diego, Sara, Lina

Lina (a Diego): Per la verità, io non li volevo, tutti sti mmarazzi! Mi bastava che tu mi davi una mano a liberarmi il collo di stu timpuni!

Diego: Allora sbagghiasti indirizzu! Tutto putissa essere, tranne che io diventi un’assassino… Un processo sì, quello lo posso accettare… un regolare processo, in tutta onestà, senza sconti e senza pregiudizi… quel che sarà sarà… e non sarà per tua decisione, ma per decisione di tutti!

Lina: Ed i nostri amici… (accenna con la testa a Sara) Sara, Turi, Nicola… che ne pensano, loro? Te lo sei chiesto, o no?

Diego: Da questo lato nessun problema!… (guarda Sara) O sbaglio?… Tutti e tre sono della pasta giusta! Si lamentano, ma hanno respirato l’aria sentimentale di Catania, quanto basta per appassionarsi alla tua storia!… Ora, però, non perdiamo tempo, ascolta… Prima si svolgerà l’interrogatorio dell’imputato, poi parleranno i rappresentanti delle parti in causa…

Sara: Resto ancora io, col vostro permesso, caro professore… io sarò sentimentale… ma, personalmente, continuo a chiedermi se è necessario tutto questo ambaradan… Non è meglio spicciarisi, in quattro e quattro otto, senza carti e cartuzzi?

Diego: Ma, ce ne può mai essere premura, quando si vuole giustizia? Vi piacivu u cavaddu chiamato coscienza? Ora cavaddiati!

Sara: Ma, chi sacciu!… Così, ciò che si decide di fare si dovrebbe fare… a freddo! E diventa un’altra cosa!

Diego: Diventa rispettu, Sara… rispetto senza perdere la severità!… Sempre di carni battiata si tratta e, quindi, ci vuole attenzione!… giudicheremo Antonio Vassotto secondo giustizia, non secondo rabbia… Non possiamo fare comandare il sangue, quando si gioca con la vita di un cristiano!

Lina (distaccata): Se ancora vi basta il cuore di chiamarlo cristianu!

Sara: Porco lo chiamo, non cristianu!

Diego: Come lo chiami chiami, cerchiamo, però, di non pentirci… poi.

Sara: Na parola! Verità per verità, io non mi sento tanto a posto!

Diego: Sei ancora in tempo, Sara… Se vuoi, ti aiuto a scappare in America con Turi e Nicola… Così, don Currau non vi trova e vi potrete rifare una vita.

Lina: E del male che ricevetti io… che ne facciamo? Lo diamo ai cani?

Diego: Lina, io non sono un assassino… o si fa il processo… o è chiaro che ancora non siamo usciti dai guai!… Bisogna dare a don Currau il suo colpevole… In caso contrario, a munnizza a lassammu tutta a Turi e Nicola! Ti pari giustu?

Lina: Chistu è veru!… E io l’amici non li lascio in mezzo a una strada… per un padre che si è comportato peggio di un maiale!

Diego: E chi sono i tuoi amici?

Lina: Tutti… Diego Maltisi compreso…

Diego: Diego Maltisi… detto U Prufissuri?

Lina (gli poggia una mano sul braccio): U prufissuri, giusto! U cchiù spertu di Catania!

Sara (si fa il segno della croce): Biniditta Sant’Agata, chi fissarii ci fa dire l’amore!

Diego: Pochi chiacchiri, perciò, si fa u processu!… Curaggiu e calammu cu i casci!

Sara: Non la fate così facile, prufissuri! A parole, tutti pari isammu i muntagni! Ma, c’è sempre un sentimento a cui dare conto…

Diego: Si chiama Spirito Santo, nel nostro caso… Ma, se non sei convinta… io non ti posso obbligare. Sia chiaro, però! O si fa il processo, o non facciamo niente… e cerchiamo di salvare Nicola alla disperata!

Sara: Bella scelta da quaquaraquà mi avete presentata! Alla fin fine, solo queste due soluzioni ci possono essere?… Di tutte le annacatine spacchiose della vostra matematica, che restò?

Diego: La matematica finisce d’annacarisi nel preciso istante in cui si mettunu a parrari i fimmini!

Sara (a Lina): U vidi comu sunu i masculi? Come la ristuccia! Svampanu e subito si stutunu!

Diego (a Lina): U vidi comu sunu i fimmini? Conzunu e sconzunu… e poi solo loro ci capiscono cosa!

Sara: Iu capisciu sulu che non voglio che succeda cosa a Turi…

Diego: Mah! A chiddu… cu u muzzica si rumpa i denti!

Sara (come cambiando discorso): Vedo che ogni casa ha la sua croce…

Diego (sorpreso): Chista nun na capii!

Sara (ride): Tutti pari nuiautri, caru prufissuri, semmu nchiuvati a na cruci scimunita!

Diego: A posto!… Ora putemmu accuminciari! Diamo avvio al processo…

Lina: Forse non è il caso che io partecipi…

Diego: E’ il caso, invece! Tu sei la vittima, tuo padre ti deve guardare negli occhi mentre lo giudichi…

Lina: Giudicarlo? Io l’ho già giudicato…

Diego: Deve pagare per il male che ti fece…

Lina: Credimi, con tutte le mie umiliazioni… non ho mai sentito la necessità di ammucciarimi… mentre ora vorrei scappare!

Scena III

Personaggi: Detti, più Nicola, Turi, Antonio.

Turi (entrando): Siamo pronti.

Nicola (comparendo con Antonio, con i vestiti scambiati): Mentre che c’ero, fratello caro, un po’ il cervello glielo arrifriscai con una vacilata d’acqua…

Turi: Ma, ditta pulita… mi pari che, se prima era mbriacu, ora è na signa!

Sara (giunge al centro della scena): Va beni! Unni u facemmo assittari l’imputato?

Nicola: C’è macari l’appuntato?

Sara: L’imputatu è stu signori, Nicola!

Antonio: Ahiai!

Turi: Perfetto!… Fallu assittari dda, l’appuntatu Ahiai… (indica una sedia).

Nicola (mentre Sara fa sedere Antonio): Che, poi, questo processo si putissi fari additta additta!

Turi: E’ la prassi!

Nicola: O pi l’assi o per il Re di coppe, le cose mi sembrano semplici… Lo incaprettiamo e non se ne parla più!

Diego: Mancheremmo di rispetto a Lina, Nicola… Se suo padre deve pagare, lo stabilisce un processo corretto…

Turi: Stu disgraziatu si deve poter difendere, se, ditta pulita… vogliamo avere le carte a posto!

Antonio (agitato): Ma, chi significa u processu? Perché mi volete morto? Che feci di male?

Diego: Comincia l’interrogatorio, Nicola!

Nicola (dopo che ognuno ha preso il suo posto, in piedi davanti ad Antonio): Deve giurare?

Diego: Non ho mai capito a che serve il giuramento, ma va bene!

Turi: Tanto per mettere le carte a posto!

Diego: Antonio Vassotto, giurate di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità?

Antonio: E certu, ca u giuru… perché dovrei dire menzogne?

Diego: Va bene, va bene!

Nicola: Ora, ditemi… con vostra figlia?… Vi sentite a posto con la coscienza?

Antonio: Nsumma… più o meno!

Diego: Dove eravate stanotte?

Antonio: Dormivo tranquillo nel fondaco di don Pippu U Curnutu, quando è spuntato quel signore (indica Turi).

Diego: E non avevate intenzione di venire a trovare vostra figlia, domani?

Antonio: Manco mi sono fatto vedere, da Lina!

Diego: Ma, domani?

Antonio: Che ne so? Forse domani sarei passato…

Diego: A chiedere soldi, come gli altri anni?

Antonio: E’ dovere di una figlia aiutare il padre…

Nicola: Avete ragione! Ma, sapete che penso? Penso che è dovere di un padre non fare il magnaccia con la figlia!

Antonio: Se me lo chiedete, non la cerco più…

Sara: E no, troppo comodo!

Diego: Non sono ammessi commenti, Sara! Per ora, bisogna stabilire i fatti… Continua, Nicola!

Nicola: Non avete altro da rimproverarvi con vostra figlia?

Antonio: Che feci?

Nicola: Cosa avete combinato, quannu era una bambina?…

Antonio (prova ad alzarsi per scappare).

Nicola (lo rimette seduto con una manata).

Turi: Non ti conviene, amico… oppure, ditta pulita… ripigliamo il discorso ca fìcimu a Ognina…

Sara: Cchiù u taliu e cciù mi vena di scannarlu!

Nicola (beffardo): Sara, se proprio ci tieni… fatti avanti… (esce il suo coltello e glielo porge)… Te’ cca!

Antonio (la guarda): Pietà!

Sara (senza prendere il coltello, a Turi): Turi, porticcillu almeno un biccheri d’acqua, a stu porcu… Sei o no il suo difensore?

Turi (beffardo): U vinu fussa megghiu… per tutti!… (si alza per andare in cucina)… Ma, se non risponde alle domande, mia cara Sara, ditta pulita… ce le ho io quattru pinnuli per fargli tornare la memoria… come a Ognina!

Lina (turbata): Vado io, invece… (esce).

Nicola (dopo qualche secondo): Per me, se volete, lo scanno subito subito…

Diego: Ora basta! Nicola, anche se si svolge in un’osteria, questo è un processo serio, per fatti troppo gravi… Le tue spacconate ce le conservi per la processione delle cannilore, domani!

Turi: Va benissimo, prufissuri! Ma, allora, proprio per fare un processo più serio ed avere, ditta pulita… tutte le carte a posto… non sarebbe meglio dare prima la parola a Lina, la vittima?

Diego: Giusto! Ma, non so se, trattando così suo padre davanti a lei… non le stiamo facendo più male di quanto gliene ha fatto lui… (a Lina, che torna con in mano un vassoio con brocche e bicchieri)… Te la senti di raccontarci i fatti, Lina?

Lina (poggia il vassoio, mentre versa da bere ad Antonio, senza degnarlo di uno sguardo): No… ma accetto lo stesso di rispondere alle vostre domande…

Diego: A condizione che non ti costi troppo…

Sara: Proprio tu, Lina, non ti devi vergognare di niente…

Lina: Vergognarmi? E perché? Anzi, avrei preferito che questo processo lo facesse la giustizia dello Stato…

Diego: Anch’io… Turi, tocca a te.

Turi (si avvinia a Lina): Speriamo, cara Lina, che stanotte Sant’Agata non ci leva il saluto!

Lina: No! E’ catanisa, c’è abituata…

Turi: Eppure, ditta pulita… chi lo sa come la pensa, sotto sotto…

Lina: Non bestemmiare!

Diego: Turi non bestemmia… Qui siamo tutti gente di mondo e sappiamo di non sapere, come disse quell’antico maestro mio… Non è facile capire qual è la cosa giusta e quella sbagliata, quando si tratta di porre rimedio alla cattiveria umana… A proposito di Stato!

Lina (con dolcezza): Allora che facciamo, se neanche tu lo sai… a cinquant’anni e prufissuri?

Diego (imbarazzato): Cinquant’anni non ancora fatti, per essere precisi!… Ma, non siamo a questo… Ti dico solo che in tutta la mia vita ne ho conosciuti, di tipi, per i quali ammazzare un cristiano o tirare il collo ad un pollo era la stessa cosa… Ma, purtroppo, davanti a tuo padre erano dei galantuomini… Il suo delitto è il più insopportabile, il più vigliacco!… E, se manca lo Stato, qualcuno deve pur metterci una pezza!

Lina (accenna di sì con la testa. Pausa. Lentamente, come concentrata nello sforzo): Dopo che mio padre fece il suo comodo, lo raccontai a Rosina, mia sorella grande. Per tutta risposta, mi buttarono in strada. Pare che nessuno voleva casa casa una picciridda già perduta… Si vede che portavo troppo disonore a Rosina, che era fidanzata con Franco Bellarmuzza, detto A Scimmia! Ora Franco è chiuso nel carcere di Brucoli per rapina e lei, per stargli appresso, riceve i clienti in una certa casa di Ortigia, a Siracusa…

Turi: E tu come ti sei mantenuta, da allora?

Lina: Per anni ho dormito in una specie di iarzana, un grosso buco che c’è dietro il campanile della chiesa… Il porco che mi veniva padre prese a mandarmi altri porci…

Sara: Basta, Lina! Chi ci aspittammu a squagliarlo nell’acido?

Lina: Invece, io non pensai a vendicarmi di lui… Pensai a me stessa… Cominciai a risparmiare! Mettevo da parte i soldi perché volevo scappare e venire a Catania, a fare un lavoro onesto… Questa osteria è nata così…

Diego: Ora mi è chiaro perché si chiama Osteria del Sogno Antico!

Lina: E’ il sogno di trovare un’anima gentile, che mi volesse bene…

Nicola: Na parola!

Lina: L’ho trovata, invece… La mia amica Sara è qui…

Diego: Sono qui anch’io…

Lina: Infatti, anche tu!… Tra pene e guai, l’osteria comunque c’è… e, se non vedo mio padre, io a Raddusa non ci penso mai…

Sara: Vero! A Catania, Lina si è sempre comportata come è di giusto…

Diego: All’inizio la faccenda dev’essere stata pesante…

Lina: Pesante? Se non era per Sara sarebbe finita peggio che a Raddusa. E’ stata la mia fortuna averla incontrata la prima notte stessa del mio arrivo…

Sara: A truvai tutta scantata in via Crociferi, accucciata come un cane sui gradini della chiesa dei gesuiti…

Lina: Parlammo per tutta la notte e poi Sara mi tenne a casa sua, nascondendomi a tutti i magnaccia di Catania, per non farmi finire nel giro…

Sara: Insieme abbiamo comprato la locanda, anche se io ufficialmente non compaio… Così, il suo sogno di pulizia è diventato pure mio! Faccio fruttare i guadagni che mi vengono dal mestiere costruendomi una speranza…

Turi (a Sara): E ci sei riuscita di nascosto a don Currau?

Sara: Penso di sì…

Diego: Sei troppo sperta per credere davvero a quello che dici… Sono convinto, invece, che macari unu come Beddasacchetta ha il suo Sogno Antico… Stringendoci il sugo, tutte queste nuove fabbriche che spuntano nelle città moderne sono anch’esse un sogno… I nostri stessi soldi, che spesso vengono dal lato sbagliato, sognano di diventare soldi veri, andandosene nel lato giusto!

Turi (fa una faccia scettica): Parabula significa?

Diego: Che siamo tutti una curiosa compagnia di sognatori, Turiddu… scantati come tanti picciriddi!

Turi: Io non sono un sognatore… Solo che a me non piace essere un pupo…

Diego: Il difficile, come dicono a Catania, e precisamente no Bagghiu di Tricomi… è non essere pupi, senza fare i pupari!

Nicola: E allora, fratello caro, che ci volete proporre? Che dobbiamo essere mai, se non siamo né pupi né pupari?

Diego: Mah! Stasera, Nicola mio, tutti pupi siamo… e, se te la devo dire tutta, si tratta di una storia vecchia!

Turi (sospira): E si ficiuru i ficu!

Sara: A che ti riferisci?

Turi: Penso che u prufissuri ha ragione!

Diego: La sapete la storia di Elena di Troia? Dieci anni di guerra e ammazzatini per un paio di corna! Alla fine muoiono quasi tutti! Chi si salva, però? Il marito cornuto e la moglie buttana! Che furono tutti questi eroi omerici? Pupi, solo pupi furono!

Antonio (si alza in piedi, a voce sostenuta): Ora, però, tocca a me, che sono il più pupo di tutti… tocca a me parlare!

Nicola (minacciandolo): E no, fratello caro! Voi manco un pupo siete… voi siete un porco! A voi tocca rispondere con sincerità alle domande e accettare il nostro giudizio…

Turi: Nicola, il nostro giudizio vale se ci sono le carte a posto… Io non credo che, ditta pulita… nun facennu parrari a genti, ci pigliamo la ragione!

Antonio: Sapete già cosa ho fatto… tutte cose molto brutte, non lo nego… Ma, vi siete chiesti il perché?

Nicola (feroce): No! E, per dirla papali papali, non mi ni futta nenti dei tuoi perché!

Sara: Mi dispiace per le tue carte a posto, Turi… ma, continuando di questo passo, finisce che gli diamo un premio, invece di runpirici u battesimu!

Antonio: Quand’ero picciriddu me la facevo sempre in campagna e… macari che certe volte ci mettevo una giunticedda… ho visto cose che non sono da tutti… Non cercavo nessuno per giorni e giorni, anche perché per me vedere gli altri significava pigliarla in carina…

Diego: Questo non ti giustifica.

Antonio: Volevo solo dire che in questo modo imparai a non far capire quello che sono veramente…

Diego: Lascia stare la tua autobiografia!

Lina (a Diego): Io, di sicuro, stanotte ho capito che tu pupo non sei… Lascialo parlare… Videmmu!

Nicola: Vidennu facennu, comu si dici.

Turi: A condizione che, ditta pulita… non ci succede come a chiddu che un giorno si sentì rispondere: sì, campa cavaddu, ca l’erba crisci!

Diego: Vuol dire, allora, che domani ce lo facciamo dire daSant’Agata, dove abbiamo sbagliato…

Antonio: Prima dovrebbe dare una mano d’aiuto a me, a signura Sant’Agata!… Sono io che intanto mi trovu l’ossa tutti scucchiati!

Turi: Ci cridu! Cu i corpa ca scippasti a Ognina!

Antonio (si guarda intorno): Ma, si può sapere cu siti?

Nicola (beffardo): I Beati Paoli!

Antonio: Io non vi conosco…

Turi: Allora, siamo angeli del paradiso!

Antonio: E m’allinchiti di corpa?

Sara: Che dici mai, tesoro?… Quelle, carezze erano! E’ per la tua mala coscienza che ti parsiru corpa!

Diego: Basta ca liscimonia!… (tutti siedono, tranne Antonio)… Antonio Vassotto…

Antonio: A servirla, eccellenza…

Diego: Lo capite che vi si accusa del reato più infame e senza giustificazioni?… C’è una sola possibilità per la quale stanotte noi possiamo dichiararvi innocente?

Antonio: Vossignoria… per rispondervi, dovrei capire quale veramente fu la mia colpa

Turi: Obiezioni della difesa, prufissuri… Come possiamo condannare o assolvere chi manco si rende conto delle accuse che gli si fanno? Se vogliamo giudicare bene, noi per primi dobbiamo avere le carte a posto!

Diego: Ti pare che l’accusato sia incapace di intendere e di volere?

Antonio (flebile): Nun mi fati scantari!

Turi: Vi domando di poterlo interrogare per verificare…

Diego: Fallo accomodare vicino al tavolo della presidenza e continua l’interrogatorio…

Turi (ad Antonio): Forza, videmmu chi si può fare in tua difesa… Ma, per intanto, assettiti cca… (indica la nuova sedia)… e rispondi alle mie domande!

Nicola (si avvicina, mentre Antonio sta per sedere): Eh no, fratello caro! La difesa non può dare del tu all’imputato… Dà l’impressione di troppa amicizia…

Turi: Giusto! Ditta pulita… non ci deve essere nenti a mettere e nenti a levare, se vogliamo avere le carte a posto… Antonio Vassotto, vi prego di assittarivi!

Antonio (fa mostra di andar via): Basta! Se vi piace giocare, continuate da soli…

Nicola (bloccandolo con una mano sulla spalla e facendolo sedere): Solo dintra un tabutu te ne puoi uscire!

Antonio: Resto, grazie!

Turi: Ora rispondete… Vogliamo sapere…

Antonio: Iu nun sacciu nenti, nun sintii nenti e nun visti nenti!… Ora, mi ni pozzu iri?

Turi: No! Vi ricordo che in questa stanza c’è chi pensa già che meritate il massimo della pena…

Antonio: E che feci contro di voi? Io quasi sempre dormo. Almeno, quando dormo non penso…

Nicola: Quannu durmiti nun pinsati e quannu pinsati faciti dannu!

Antonio: E che danno può fare una povera cappa come me?

Turi: Per esempio, vi fate comandare troppo dal vino…

Antonio: Ma, unni fu u dannu pi vui? Si può sapere?

Diego: Qualchi dannu ci fu…

Antonio: E quale, se manco vi conosco?

Diego: Fu una fortuna per voi… fino a stanotte!

Antonio (spaventato, a Turi): Vuoi soldi?

Nicola (subito): E perché no, fratello caro? Ti desiru l’anticipu?

Turi: Sempre se non ti ammuccasti tutto il bonfatto in una sola sera!

Antonio: La mia disgrazia fu quello scugnizzo che mi ha tenuto compagnia…

Nicola: To purtasti a mangiari?

Antonio: Si calau una cona, ddu carusu!

Nicola (malizioso): Sciauru di mari?

Antonio: Scogghiu precisu!

Nicola: Chi genti! Con tante buone femmine che passeggiano Catania Catania…

Antonio (uscendo da sotto la cinghia alcune banconote): Per fortuna, na pocu di palummeddi non scapparono…

Turi (con aria disgustata): Sunu tutti spiccicati!

Antonio: Pigghiativilli u stissu!

Nicola (prende i soldi): Grazie!

Antonio: Ora fatemene andare…

Turi: No!

Antonio: Ma comu no?

Turi: Io impegni non ne presi…

Nicola: E iu ti dissi grazie… Non ti basta? Semmu a paci!

Antonio: Stu gran figghiu di…

Nicola: Nun tuccari a ma matri, o ti scannu!

Turi: Ma, tua mamma il mestiere fa!

Nicola: Nun c’entra… Cca è u principiu!

Diego: Appostu! Si ncucchiarru pani duru e cuteddu ca nun tagghia!… (ad Antonio)… Ascoltate me, signor Vassotto… sarebbe già tanto se chiedete perdono a vostra figlia…

Sara: Almenu chistu, porcu!

Antonio (si erge): No, ora basta!… (comincia a tremare visibilmente)… Io non mi chiamo porco!

Turi: Le porcherie le avete fatte, però!

Antonio: E chi porcherie fici?… (si ferma, confuso)… Forsi, na para di voti… ma, era mbriaco…

Lina (a voce bassa): E sempri mbriacu era!

Diego (a Lina): Ah, no… tu, per favore, non parli! Non ti mischiare a questo fango!

Sara: I picciriddi nun si toccunu! I picciriddi sono come Sant’Agata!

Turi: Ma, vi lassa mai in pace il rimorso per avete rovinato la vita a vostra figlia?

Antonio: Non è precisamente così…

Diego: Attento alle calunnie, signor Vassotto! O…

Antonio: No, nessuna calunnia!… Io sono me stesso, con tutta la mia dignità… soltanto quando sparo i miei fuochi d’artificio!

Nicola: Chista è bella!

Antonio: Sono un artista, uno che sa creare la bellezza… e mai avrei fatto del male a mia figlia… Ma, Lina… io non lo so se è mia figlia!

Diego (alzandosi): Vi avevo avvertito, signor Vassotto! Io non vi permetto di insultare… mia moglie! Un’altra parola non rispettosa e… faccio senza le regole!

Antonio (a Lina): Quannu ti maritasti?

Diego: Queste non sono notizie da dare a voi! Rispondete alle domande che vi si fanno… Turi, continuiamo!… (si siede).

Turi: Parlateci di voi, signor Vassotto… Lo scaricabarile lasciamolo ai politici…

Nicola: Ora che ci penso… Io l’anno scorso venni per la festa di Sant’Agata… e i fuochi li ho visti.

Antonio: A Ognina?

Nicola: Certu! Il mare è importante per quello spettacolo!

Antonio: Erano i miei fuochi!

Nicola: Mi sono piaciuti.

Antonio: Lo vedete? Sono un artista, non un malo cristiano!

Nicola: Nella vostra materia non c’è che dire!

Sara: Qui, davvero, se continuiamo finisce che gli diamo il premio…

Turi: Una domanda, prufissuri… I meriti non fanno parte anch’essi della personalità di un cristianu?

Sara: E che domanda è?

Turi: Non è che dobbiamo vedere solo il marcio nella vita! Un artista può essere anche un uomo cattivo?

Lina (a voce bassa): Mio padre è artista ed è cattivo!

Turi: Non può essere. Non si è mai detto che uno stesso uomo… c’è quando è un angelo e c’è quando è un diavolo! Se uno è uno… è uno e non può essere anche due!

Nicola: Giusto! O è un angelo, o è un diavolo!

Diego: Conclusione?

Turi: Nenti! Videmmu che viene fuori, continuando l’interrogatorio…

Diego: Va bene, va bene… Non divaghiamo…

Nicola: Hai ragione, fratello caro! Turi, non sdivacare!

Turi (si avvicina ad Antonio): Vi ricordo che siete sotto giuramento…

Antonio: Io quando ero carusu volevo fare il pittore…

Nicola: E fu u pennellu ca vi rovinau, fratello caro!

Turi (vivacemente): Nicola! Un’altra parola scema e ti porto da don Currau… coi vestiti di prima!

Diego (ad Antonio): Proprio perché siete un artista e vi piace la bellezza, potevate salvarvi…

Nicola: Ma, santu cristianu! Non ve ne potevate andare a donne, invece di scannaliari i picciriddi?

Turi: E sempre in pubblicità per la mamma la giri?

Nicola: Mi scappau!

Antonio: E’ ca certi voti unu sbagghia…

Sara: Chiamulu sulu sbagghiu!

Antonio: Io sempre tanto rispetto ho portato a tutti!

Diego: Ma, c’è l’onore di vostra figlia che aspetta e pretende conto e ragione…

Antoniu: Prometto che non mi farò più vedere da lei… e ci lassu u guadagnu da festa!

Nicola: Quello che è restato…

Diego: Non parlate di soldi, che è peggio… Se sarete condannato, sarà per un fatto di giustizia, non per i vostri soldi.

Antonio: E non lo pensate che ho una famiglia da mantenere?

Turi: Propriu ddocu è u problema!

Diego: Sporcando vostra figlia, avete sporcato la vostra famiglia e la vostra stessa vita…

Turi: Ma, lo capite o no… il casino che avete combinato?

Antonio: Capisco una sola cosa adesso… sugnu mortu!

Nicola: Certu, tanto in salute nun mi pariti!

Turi: Allora, accettate di espiare le vostre colpe?

Antonio: Sparimi e levati il pensiero!

Nicola: Chi omu di nenti!

Antonio: Macari il niente si può ammazzare…

Diego: Stanotte voi non siete un niente, perché quello che avete fatto non è niente… Stanotte vi giudica un tribunale, che è come Dio… e, come Dio, non giudica l’uomo, ma quello che un uomo ha combinato…

Antonio (scoppia in lacrime, a Lina): Pirchì u cuntasti?

Lina: E che dovevo fare?

Turi: Parlate con me, per favore… Potete anche non crederci, ma, ditta pulita… sono l’unico amico che vi è rimasto… Se volete uscire vivo, rispondete solo alle domande…

Diego: Ha ragione… rispondete!

Turi: Che cosa mai potete avere da rimproverare a vostra figlia?

Antonio: Fu Rosaria che volle tutto! Lina ci aveva sorpreso…

Turi: Cu è Rosaria?

Antonio: Fussa ma figghia…

Nicola: Macari a idda ci facistuvu a festa?

Antonio: Non è come pensate… Ho perso la testa solo per Rosaria!

Turi: E Lina?

Antonio: Cu Lina successi… per sfregio!

Sara: Mancu i cani!

Antonio: Io e Rosaria ci vogliamo bene!

Nicola: E pensa se vi volevate male!

Antonio: Che ne sapete, voi, di quanto ci cerchiamo, noi due?

Sara: Pi favuri, sparatici e tagghiammula cca!

Diego: Gli faresti solo una cortesia, Sara… Il male fatto a picca a picca si paga a picca a picca…

Turi (ad Antonio): Continuate, ma senza fare commenti.

Antonio: Se male feci, la colpa è di tutta la mia vita… Non ci fu mai un momento in cui, per tutte le stracanaggini che ho subito non mi sono arrusicatu l’ossa co sali… (a Lina)… E, certu, macari tu, picciridda mia, ne hai dovuto sopportare… Forsi dumani vena Rosaria e ti ammazza… E, finalmente, macari tu arrifrischi!

Turi: State minacciando? Non vi conviene di più pensare a difendere il vostro nome?

Antonio (si volge a Lina): Mi cummena?… (Lina è visibilmente stravolta)… Fino al momento del fattaccio che padre fui per te?

Lina: U megghiu do munnu!

Antonio: Me la portavo sempre appresso… non c’era festa di paese dove non mi aiutava a preparare le bombe… Pareva un veru masculazzu!… (sorride)… La sua specialità era ammugghiari a carta per fare le zagaredde… Quando la bomba scoppiava, quella carta colorata si smugghiava e scendeva dal cielo, mentre il vento la faceva ballariare contenta, tanto che avresti detto che le stelle cadenti di San Lorenzo si erano date appuntamento in piazza…

Lina: Eri un vero artista, tannu…

Antonio: Ed io ti trattavo come una regina…

Lina: U sicchiu cu a corda, diciva a mamma!

Antonio: Purtroppo, se io levai l’innoccenza a lei… fu lei a togliermi la favola… Il male ce lo siamo scambiati, come prima ci scambiavamo l’amore… Tutto cominciò il giorno che c’era la festa a Mineo… Lina aveva la febbre e restò a casa. Così, seppe che casino c’era nella sua reggia incantata, dove forse nessuno dei miei figli era mio figlio!

Nicola: Fu questione di corna, perciò?

Antonio: No, fu perdita di dignità!

Lina: Papà, la dignità tu la perdesti quando ti sei vendicato su di me, che ero la sola a volerti bene ed ero la sola ad essere davvero tua figlia!

Amtonio: Allura è megghiu ca mori macari tu, stanotti! Accussì si perde la nostra mala semenza!

Lina: Le stesse parole che mi disse la mamma, sopra il letto di morte!

Antonio: Bedda, chidda! Aveva fatto figli come una coniglia con tutto il paese…

Turi: Perché non la buttasti fuori di casa, invece di combinare tutto questo macello?

Antonio: Non c’è un perché… La mia disgrazia è che non sono capace di reagire… Io manco la volevo fare avvicinare alla mia casa, quella femmina! Citruzza non mi piaceva neppure quando me la maritai!… Però, l’avevo messa incinta… così, almeno, mi disse… Dopo mi scantai e scappai, ma lei era la figlia di Vastianu Scippatesti, guardiaspalle del barone Nigido!… Come vedete, tanto sperto io non ero, per andarmi a infilare in una trappola tale… Anzi, ero un minchione completo!… Manco due giorni passarono e l’amici di Vastiano mi trovarono accucciato in un pagghiaro di Carrapipi… Mi pigliarono e, diritto pi diritto, mi portarono in chiesa… con la lupara in spalla e macari il coltello dintra a sacchetta… Per farla completa, metteteci a junta del fatto che il vero padre era don Rafele, il figlio del barone…

Nicola: A questo punto toccava a voi mettere mano al coltello!

Antonio: Cu Vastianu Scippatesti? Sono un artista, ma nun sugnu scemu! Tanto più che manco Vastiano era scemo… Toccava a lui, casomai, fare il diavolo a quattro con don Rafele! A lui spettava salvare l’onore di sua figlia! Ma, quello era un muro troppo alto… ed io ero giustu giustu u muru vasciu!

Diego: Scaricarono tutto sulle tue spalle e poterono far passare per malandrineria la loro vigliaccheria…

Turi: Ma, al tuo paese non si chiacchiera?

Antonio: Eccome!… E si ride macari… e, secondo voi, di chi ridevano… di me o di Scippatesti?… Da quando ero bambino, per non sentire ridere, me la faccio in campagna… Occhiu ca nun vidi, cori ca nun doli!… Io, a casa, ci tornavo solo per curcarimi… e che mi interessava delle risate paesane?… C’erano cento lapuna supra il miele di ma mugghieri… Ma, manco li vedevo!… Anzi, io non la so la faccia di tutti i raddusani che mi fecero cornuto… Arrivò un battaglione di amanti e di padri… tanti da perderci il conto… Furono queste le belle cose che mi raccontò Lina, quando tornai da Mineo!

Lina: Ora lo dico io basta!… (scoppia a piangere)… Sii uomo, almeno stanotte!

Diego (ad Antonio): Dovevi andartene via e salvare i tuoi figli, se proprio non ce la facevi a reagire…

Lina: Doveva scappare? E che gli dovevano fare di più? Una strage doveva esserci!… Quella notte mi accorsi di avere in casa Tano, il garzone di don Memè il sarto… Tano è un prepotente…

Antonio (crolla, cupo): E’ vero!… Di picciriddi, si era già approfittato di me…

Lina: E proprio questo raccontava a mia madre… e ridevano… Tano e la mamma ridevano e con la risata mi ammazzarono!… A un certo punto mi chiamarono e mi fecero toccare… Sentii poi che Tano chiedeva a mia madre di farmi diventare brava come mio padre e si fece… baciare da me… Che c’è di peggio?… Mancu a morti!… La rovina del mondo è la gente come Tano… Io adoravo mio padre, il Dio del fuoco e delle zagaredde… e loro uccidevano me e lui!

Nicola (commosso): Almenu tu, curnutu e cosa tinta pi com’era, pi na pocu d’anni un patri to gudisti… Iu mancu u sacciu cu è ma patri!

Lina: Ma, come si può sopportare un cretinu che ride di un Dio?

Antonio (piange): Sbagliasti, figlia mia!… Sbagghiasti a cuntarimillu!… Tu eri per me… gli unici occhi che mi vedevano importante… e davanti a quegli occhi diventai una marionetta… uno che non si sapeva… che non ti sapeva!… difendere!… Altro che Dio! Una pezza lorda ero!… (con la voce indurita)… Per questo ti odio!

Lina: E che dovevo fare, papà?

Antonio: Non dovevi nascere!

Turi (disgustato): Dopo che diventasti una scimmia di circo equestre, che diritto avevi di provare odio verso chi non poteva difendersi? Tu sei meno di niente!

Antonio (a Lina, ignorando Turi): Tu eri la mia gioia perché non le sapevi, le mie disgrazie… Tu non vedevi le risate e potevi pensare di essere la figlia del Dio dei fuochi… e non del Dio dei cornuti!… Fino a quella notte, io ero contento almeno della mia arte, orgoglioso della mia picciridda…

Lina: E tu eri il meglio padre del mondo… mai ubriaco!… Il vino manco ti piaceva… sempre gentile ed educato… (sorride con affetto)… parevi fru fru, addirittura!

Antonio: Ero solo un artista… quando andavo a forestiere tutti mi rispettavano… (a Lina)… E macari di tua madre parlavano con educazione, perché non facevo che dire bugie su di lei… di quanto era brava a cucinare, di quanto era attenta alla pulizia… Non era malvagia, la buonanima… cercava negli altri le paruledde dolci, i complimenti, le attenzioni…

Lina: Forse, cercava solo di essere apprezzata e voluta bene!

Cala un silenzio commosso.

Diego (con voce commossa): Come si fa a giudicare la disperazione?… La parola alla Difesa… Datemi una mano a capire dove è il giusto…

Turi (anche lui commosso): Vi faccio un esempio, prufissuri… Secondo voi, com’è Sara?… Non c’è bisogno che mi rispondete. So già che Sara è la più leale, la più generosa, la più pulita, la più… innocente… proprio così, innocente!… persona che conosco!… Eppure, fa un mestiere che tutti… macari i cchiù tinti, macari i cchiù cretini… si permettono di giudicare. Così, se parlate con me, io vi dico: Sara è a megghiu fimmina do munnu e merita rispetto!… Si parrati cu l’ultimu picuraro che è stato con lei… vidi chi risati!… Ma, u Signuri nun ni fici boni e tinti allo stesso tempo… o semmu boni, o semmu tinti! U stissu vale per Antonio Vassotto… Per quello che ha fatto, non si può difendere… Forse, per quello che è sì…

Diego (dopo un prolungato silenzio di Turi): E com’è Antonio Vassotto?

Turi: Di sicuru, un disperatu!

Diego: Stando a come la pensi tu…, Vassotto, o è bonu o è tintu, no?… Ed io ti dico subito che, può essere un debole, ma, tutto sommato, è un buono, anche se ciò non lo assolve… Certu, si sapi che, se capita di cutiddiari un cristianu, almeno tra gente che si dice di rispettu, non si pretende di stabilire u beni e u mali… E’ come la caccia… si ammazza per mangiare, o per divertimento, e non ci interessa com’è l’animale… L’uomo di rispetto ammazza se uno si mette sulla sua strada, o se gli toccano l’onore… Si dà, però, il caso che a me non piaciono gli uomini di rispetto, che sono la palla al piede di questa benedetta Sicilia!… Si sentono pupari e pretendono che chi ha più intelligenza di loro faccia il pupo… In un certo senso, scroccano i meriti e i sentimenti a chi si trova accanto a loro… Nel linguaggio di questa gente, la spirtizza è la stessa cosa dello scrocco… Potete essere Leonardo da Vinci, ma se non sapete acchiappare a scrocco, se non siete un opportunista, chi vi dirà mai che siete sperto?… In Sicilia le corna vi levano la dignità e tutti possono ridervi in faccia, lasciandovi nella solitudine completa… Lo sapete perché? Perché in una terra di scrocconi la sconfitta più pesante è farsi scroccare la donna! E’ questa la morale che c’è in Sicilia… E’ questa la morale di quel Tano, un miserabile che… come voi, Vassotto, anzi più di voi… meriterebbe di morire… perché voi e Tano, in fondo in fondo, siete uomini di rispetto falliti… Siete dei pupi senza cervello che pretendono che gli altri siano pupi a vostra disposizione… In questa storia l’unica grande pupara di se stessa è Lina, che ha saputo andarsene da Raddusa e realizzare la sua osteria!

Silenzio di tutti.

Diego: Nicola, ora tocca a te…

Nicola: Mi pare che stanotte voi, prufissuri caro, siete Dio… Prima avete, forse, risolto quel mio piccolo incidente con don Currau Beddasacchetta, ora c’è u fattu di Lina e, dopo avervi sentito, chi pozzu diri, iu?… Non è pi nenti che io e Turi, che tanto vi ammira, siamo amici… Iddu pensa cchiù finu di mia, ma all’ultimu all’ultimu, semmu sulu agneddi ca nun si volunu fari scannari dai lupi… Allora, non giudichiamo le persone, decidiamo sui fatti… E i fatti guardamoli dal punto di vista più disgraziato, quello dei poveracci… e con questi occhi c’è una sola verità… cu ti leva l’amuri di un patri ti leva tuttu!… Che mi interessa se Vassotto era vittima? Sacciu che si fece boia! La sentenza, non può essere che una!

Diego: Sara… tu?

Sara: Io dubbi non ne avevo… colpevole e meritevole di morte!… Ma, ora come si fa?… St’omu è già stato capuliato da cani e porci… C’è la giustizia e c’è la pietà…

Diego: E tu, Lina?

Lina (scoppia a piangere): Lasciatelo andare!… Salvalo, Diego… e poi dammi na manu a campari!

Diego: Ora è troppo tardi! Non posso più intervenire… Cosa fece Giuda di più grave?… Gli uomini siamo tutti infelici e molti ci sciacquiamo i fallimenti, un bicchiere di vino appresso l’altro… Ma, i bambini no! Quelli hanno la speranza! Certo, se tu, Lina, hai la forza di perdonare, sei nobile… Ma, non può perdonare la giustizia… Vassotto, voi siete indegno di vivere… Per questo, Turi e Nicola vi porteranno al cimitero, dove eseguiranno la sentenza!

Cala il silenzio. Nicola guarda Lina, che piange.

Nicola (piano a Lina): Al cimitero troveremo un morto per far cambiare i vestiti a tuo padre… (fa un gesto di intesa) a risulvemu, coraggio!

Turi (piano a Diego): Che devo fare?

Diego (piano): Un incidente può sempre succedere… ma, se succede, guai se Lina ne saprà mai cosa!

Sara (che si è avvicinata, assenta con la testa, a Turi): Vengo con te.

Turi, Nicola, Antonio e Sara escono.

Scena IV

Personaggi: Diego, Lina.

Lina va a sedere sconsolata.

Diego (le si avvicina, dolcemente): Vulissa scolpiri na statua cu Vittoriu Emanueli III assittatu in tronu!

Lina: Perché parli siciliano?

Diego: Perché tu come parli?

Lina: I viddani parlano dialettali… Tu sei prufissuri ed io sono proprietaria di un’osteria…

Diego: Di na putia di vinu, per la verità…

Lina: A fai pi daveru, a statua?

Diego: Certu ca fazzu! Voglio farla tutta d’oro!

Lina: E io la metto sopra la credenza.

Diego: Così campiamo contenti e felici come una Pasqua… qualche mbriacatina…

Lina: Assai travagghio…

Diego: Na bestemia, di tanto in tanto… un paro di corna… tu pagasti in anticipo!… e si sta cent’anni! E’ matematico!… (con dolcezza)… Mangiamo, vah!

Lina: Hai fame?

Diego: No, ma na casa è una casa soprattutto a tavola!

Lina annuisce e va in cucina.

Diego (forte): Ce ne hai formaggio di Ragusa?

Voce di Lina: Mi trovu un bello caciocavallo!

Diego: bonu, tagghiammu!

Voce di Lina: Ci sarebbero macari funghi di Zafferana e pepe rosso con dentro formaggio e angiovi…

Diego: Chiamano vino che è un piacere!

Voce di Lina: E le olive nere, le vuoi?

Diego: E comu no? Metti tuttu a muzzeddu, come dicono a Buenos Aires… Se te lo trovi, non dispiacerebbe macari un tanticchia di capuliatu e due caddozzi di suppizzato.

Voce di Lina: E non avevi fame!

Diego: Mi tengo forte per domani!

Lina (entrando): Che hai da portare, la cannilora?

Diego: Sono catanese marca Liotru, io… Alla mia devozione ci tengo!

Lina: Scommetto che tuo papà era un contrabbandiere…

Diego: Ca quali! Il tapezziere faceva, teneva putìa a taglio del Palazzo dei Chierici.

Lina (sistemando il cibo e le stoviglie): Un parrinaro, perciò.

Diego: Erano i preti che gli davano u travagghiu… Ma una tovaglia ce l’abbiamo?

Lina: Vado subito a pigliartela.

Esce.

Diego (forte): Mi piaci come hai risposto, poffarbacco! E’ questa la giusta maniera di parlare, per una buona moglie… Mia madre era una buona moglie… obbediente e sempre col sorriso in bocca… Potevi dire che lo scecco volava e lei ti calava la testa e ti sorrideva… Il bello era che capiva chiaro chiaro che si trattava di una fesseria, ma sapeva che ti faceva piacere farti credere che lei ci credeva… Era nata per fare la putiara, mia madre!

Lina (entrando con la tovaglia): E la fece?

Diego: A fici, a fici… e ci guadagnò bene, tanto che ci potemmo accattare un bell’aranceto nella Piana di Catania… Piatti, forchette, coltelli e tovaglia, ecco ciò che ci vuole, per mangiare bene!… Nelle case dei galantuomini non mancano mai… Fattelo dire dal sottoscritto… lo sai che ho viaggiato e sono un uomo di mondo…

Lina (sfottente): E sei stato in America…

Diego: Fussa sulu l’America… Fui in Cappadocia, Turchia, Arabia e Cina, passando per il Polo Nord, l’India e il Giappone… e una volta arrivai fino a Napoli!

Lina (fa spalluccie): Come dici tu, don Diego Pisciaporti!

Diego (ridacchia): Vedi che, una risposta di questa maniera, la mia mamma non l’avrebbe mai data…

Lina: Ci voleva bene, a tuo padre?

Diego: E come potevi non voler bene a papà? Era troppu ingegnoso…

Lina: Ni vinissi comodo, ora comu ora, tuo padre… Lo sai cosa ho sognato da una vita? Un salotto… coi quadri appesi e le poltrone di velluto…

Diego: Lo compriamo!… Certo, se ce lo faceva lui era un’altra cosa! Puvureddu! Se ne andò a manco quarant’anni… di spagnola… E quanto era fantasioso! Una volta si passò il tempo a costruire il Duomo, u Liotru ed il Palazzo dei Chierici, tutti con scarti di stoffe…

Lina: Macari mio padre… in mezzu o jocufucu, altro che ingegnoso ti pareva…

Diego: Mio padre era un’animella…

Lina: Ma, era meglio tuo papà!

Diego: No, lo chiamavanu Turi U babbu!

Lina: Dda cu dda cu Antoniu Scorcia!

Diego: Io penso che il mondo funziona come nel commercio…

Lina: Cioè è fattu apposta per gli imbroglioni!

Diego: Comu sì e comu sà, come dicono a Parigi… Imbroglioni quanto basta per non farsi imbrogliare, onesti quanto basta per meritare la fiducia… Per esempio, i truffatori, che passano per furbi, si trovano spesso con la sacchetta vacanti… A papà, invece, non successe mai di non avere manco un piatto di verdure da mettere a tavola!

Lina: Ma, che vita fece?

Diego: Oh, la stessa degli altri… Due o tre paia di corna sopra la testa e un cufinu di travagghiu a tenergli compagnia…

Lina: Allura, nui chi facemmu?

Diego: Si deve avere fantasia e vendere ciò che la gemte vuole…

Lina: Il mangiare e il bere?

Diego: Prima o poi saziano, no!

Lina: Il piacere?

Diego: Quello passa, no!

Lina: La dignità!

Diego: Manco se ne deve parlare, non la vuole nessuno!

Lina: E allora?

Diego: I sogni, Lina… la speranza che questa vita cambia… Talia come ce la vendono i politici!

Lina: Ma nun cangia mai nenti!

Diego: E si cangiassi, non viene a mancare il bisogno di cambiare?

Lina (allunga il braccio, a prendergli una mano): Matematico! Ti restò il cuore di tuo padre, prufissuri… Cu nasci tunnu nun po moriri quadratu… e iu pensu sulu che questi sono i minuti più belli della mia vita… parrannu cu tia comu si parrunu maritu e mugghieri!

Fine della commedia

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Pubblicato da IL GIORNALE DI ROCAMBOLE

Salvatore Paolo (detto Rocambole) Garufi Tanteri ha insegnato Lettere, Storia dell'Arte, Storia e Filosofia nelle scuole statali del Piemonte, della Liguria, della Campania e della Sicilia. Ha scritto opere di narrativa e teatrali ed è autore di monografie (Vitaliano Brancati, George Orwell, Santo Marino, Sebastiano Guzzone, Giuseppe Barone, Filippo Paladini).

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