S. P. Garufi Tanteri, La religione tutta siciliana di Mazzacanagghia, racconto (omaggio a Fedor Michajlovic Dostoevskij

S. P. Garufi Tanteri, La religione tutta siciliana di Mazzacanagghia, racconto (omaggio a Fedor Michajlovic Dostoevskij

SALVATORE PAOLO GARUFI TANTERI – 7

Il venti ottobre di qualche anno fa, quando finì di celebrare la messa domenicale, padre Vittorio Leonardi guardò i fedeli a lungo, afferrò il microfono con la mano destra e scrollò il polso sinistro perché l’orologio (che portava lento) gli si era appiccicato alla pelle sudata. Tutti capirono che stava per comunicare novità non facili, ma nessuno intuì la portata storica del momento.

– Carissime anime – esordì padre Leonardi, con la voce sopra tono di un’ottava, – il Vescovo mi chiama ad un’alta missione…

Si fermò, mentre il suo sguardo correva per l’intero tempio, da sinistra a destra e da destra a sinistra, come il fascio accecante di un faro della polizia.

– Se ne va! – sussurrò Mazzacanagghia, mentre dava di gomito a ‘Mmuccabaddi.

La signorina Lina Longo, invece, ebbe un soprassalto e sentì il cuore farsi piccolo piccolo. Per don Vittorio provava un’inconfessabile attrazione, anche se il suo sentimento aveva a che fare più col martirio cristiano che col vero e proprio amore, mancandovi i piaceri della carne. Dell’amore c’erano soltanto gli strazi (sempre della carne) e le botte velenose dei pettegoli.

Si aggrappò, quindi, alla coroncina del rosario che portava al collo ed aspettò il seguito, col fiato sospeso.

– L’altra chiesa di questa nostra amata comunità… – riprese a dire padre Leonardi e s’interruppe subito. Non aveva avuto il coraggio di pronunciare il nome della chiesa rivale. Ma, ugualmente un silenzio attento squarciò la noia generale, un silenzio che parve un lampo livido nella notte cupa. Moltissime persone presero un’espressione atterrita, molte altre truce e cinque o sei quella di chi è pronto a fare a pugni. Gli sguardi su di lui sembrarono linee prospettiche sul punto di fuga e la sua pianeta bianca si dilatò dentro le pupille dei fedeli…

Si dilatò fino ad occupare l’intero campo visivo.

Finché il prete si portò due diti al colletto, inghiottì e riprese:

– Dicevo… L’altra chiesa, che…

Guardò gli astanti, chiuse gli occhi… e concluse, quasi urlando (ma molto in fretta, con le sillabe in volata):

– …Che, dopotutto, vi piaccia o no, è la Chiesa Madre!

Davvero, su questa frase potevano crollare le colonne del tempio! Si tenne, quindi, pronto per il martirio.

Fortunatamente, gli ritornò soltanto l’eco del silenzio infinito di prima. A tutti fu chiaro che il prete intendeva tagliarsi i ponti alle spalle e tutti pensarono che, senza grosse coperture dietro, non avrebbe osato parlare in quel modo.

Aspettarono di vederci più chiaro.

– C’è bisogno di un parroco giovane nella parrocchia di San…

Come risucchiati a cercare nella sua gola le parole che ancora non aveva dette, gli occhi di tutti divennero un flusso compatto, che non prometteva nulla di buono.

– …di San*** – farfugliò il prete. – Quindi…

– Quindi… – disse ancora il prete.

– Quindi? – mormorò di nuovo Mazzacanagghia.

– Quindi… – ricominciò don Vittorio.

– Quindi? – domandò Mazzacanagghia a ‘Mmuccabaddi.

– Già! Quindi? – sussurrò, a sua volta, ‘Mmuccabbaddi a Mazzacanagghia.

La signorina Lina Longo, invece, non domandò nulla. Ma evitò persino di respirare, per non distrarsi. Degli altri, quelli seduti avevano il busto che faceva angolo acuto con le gambe, mentre quelli in piedi pendevano in avanti, come torri di Pisa. Il buon geometra don Felice Motta, sessantaseienne pensionato, da tempo asmatico, ispirò con forza, mandando un fischio di gola, che risuonò triste nella vastità del tempio.

– E quindi? – ridomandò impazientemente Mazzacanagghia.

– Già! E quindi? – risussurrò ‘Mmuccabbaddi.

– E quindi… – disse padre Leonardi, – ha deciso di mandare lì, quale nuovo parroco…

Ancora un’ultima breve pausa, prima di confermare il più nero presentimento:

– Il sottoscritto!

Poi, una volta che l’aveva detta, la disse completa:

– Anche se io, beninteso, resterò pure il vostro parroco!

– No! – gridò Mazzacanagghia.

– No! – ruggì ‘Mmuccabbaddi.

– No! – gemettero tutti gli altri.

La dolce Lina Longo, però, riprese a respirare. Egoisticamente, considerò soltanto che l’amor suo non andava via.

Per capire ciò che ho raccontato (e ciò che ancora racconterò), bisognerebbe esserci nati, a ***. O, almeno, conoscerla. Da secoli, lì si combatte una feroce guerra di campanili tra la parrocchia di Santa *** e quella di San ***, con tutto il corollario di eroi, di martiri (anche morti ammazzati) e persino di traditori. Le poche rivoluzioni di cui si conserva memoria non furono determinate dalla fame, o dal rifiuto di una prepotenza. Esse nacquero sempre, piuttosto, da priorità nella celebrazione delle feste (per esempio: a quale chiesa spettava suonare per prima le campane nel giorno di Pasqua?); oppure, da pignolerie nella gerarchia dei preti (e dal Settecento in poi anche in quella dei Santi in paradiso, visto che allora fu data anche a una Divinità  ben più prestigiosà la titolarità del tempio di San***). Si può dire che soltanto negli ultimi anni (dato che nella storia un equilibrio si deve pur trovare) si è arrivati ad un precario accordo: Santa *** è stata elevata a Santuario e San *** ha ottenuto il titolo di Basilica.

Le reciproche diffidenze, comunque, non erano state ancora superate. Così, quel giorno padre Leonardi aveva davanti gente per nulla ligia agli equilibri. Gli equilibri sono come la politica: cambiano col cambiare dei rapporti di forza.

Perciò, il pensiero unanime fu che voler mettere nelle mani di un solo prete tutt’e due le chiese (come dire: il diavolo e l’acqua santa!) era fatto troppo nuovo e (proprio perché nuovo) pericoloso. Tanto non bastava a sospettarci una manovra sotto?

Padre Vittorio Leonardi, però, era coraggioso e testardo. Si alzò in punta di piedi, per guardare in faccia tutti, anche gli irriducibili del fondo. Vide troppi occhi che promettevano scintille e si tenne di nuovo pronto per il martirio.

– Tutti in canonica! – a quel punto gridò Mazzacanagghia, con la voce del suo avo, Giluormu Miegghiucutieddu, famoso brigante dell’Italia post-unitaria.

E si avviò, seguito da una quindicina di duri, tra i quali, tanto per non far parlare la gente, c’era la signorina Lina Longo.

Non fece molta strada. Padre Leonardi, forte del suo microfono, gli sparò secco:

– E’ chiusa a doppia mandata!… Se vuoi parlare, figliolo, parla qui, al cospetto del Signore!

Mazzacanagghia sbiancò in viso, s’imporporò nelle orecchie, incassò la testa fra le spalle, si piantò a gambe larghe, occhi negli occhi col prete, e disse con voce sonante:

– Io qui, fino a prova contraria, parlo soltanto al cospetto di Santa ***!

In quell’istante si percepì simultaneamente:

a) Mazzacanagghia esprimeva il sentimento generale;

b) padre Leonardi era in difficoltà;

c) s’annunciava un gran tempesta.

Dopo un po’ di secondi che passarono nella generale tensione (e che, perciò, parvero un tempo lunghissimo), Mazzacanagghia chiuse gli occhi e continuò:

– Che le piaccia o no, Santa *** è la nostra mamma! Perciò, è la Patrona della città…

– E senza minchia cacata! – aggiunse la solita voce anonima e sacrilega, dal fondo.

– E la Patrona non vuole parroci in condominio! – proclamò Mazzacanagghia, col tono stentoreo di chi è pronto all’azione.

– Non lo permettono trecento anni di storia!… – confermò con la sua vocetta acuta il professor Rosario Russo, noto e stimato scrittore di storia locale, dalla terza fila (quella dei benestanti).  – O si è Annibale, o si è Scipione!

– Ma, quelli di San *** – volle ribattere addolorato il prete, – che sono?… Maomettani?… Non sono cristiani anche loro?

– Non lo so – disse Mazzacanagghia. – So che non sono della mia parrocchia!… Parliamoci chiaro, padre Vittorio!… Vossignoria, anche se non l’abbiamo scelto noi, è il nostro parroco!… E’ come se dicessimo che… religiosamente parlando, s’intende… lei è lo sposo della nostra chiesa… Se si sposa anche con San ***… mi scusi, ma, sempre religiosamente parlando… lei che è? Praticamente un bigamo!

Scoppiò un applauso fragoroso. Si fosse votato quel giorno, Mazzacanagghia diventava sindaco.

Padre Leonardi si fece di brace per la rabbia (Lina Longo, invece,si fece di brace sentendo parlar di lui come sposo). Subito dopo, il prete strinse più forte il microfono, tanto che le nocche delle dita gli diventarono bianche e trasparenti come la cera, e sbraitò:

– Ma basta! Basta con le corbellerie!… Ve lo volete mettere in testa che in questo sciagurato paese la guerra dei santi deve finire?

Ciò detto, voltò le spalle e se ne andò in sacrestia, a gran passi sdegnati.

– Gente!… Se la canonica è occupata, venite a casa mia – urlò Mazzacanagghia.

– E a lei – continuò, rivolto allo spazio vuoto dove prima c’era il prete, – a lei che s’è venduto l’anima ai nemici…

Si erse, quindi, nell’antica posa di Santuzza abbandonata da compare Turiddu:

– A lei la mala messa!

Da quel momento, nel quartiere di Santa *** ci si preparò alla lotta dura.

Come sempre accade in queste occasioni, cominciarono a correre le voci più incontrollate. Alcuni riferirono che c’era chi aveva sentito il Vescovo in persona compiacersi della manovra, perché così, piano piano, senza colpo ferire, sarebbero state messe da parte… non le lotte di campanile, non le polemiche roventi che spaccavano in due il paradiso e le famiglie!… ma le storiche prerogative di Santa ***…

Uno arrivò a sostenere che nella faccenda non era estraneo neppure il Vaticano e subito un altro buttò là, con tono misterioso, la morte troppo improvvisa di Papa Luciani.

Comunque, se l’alto clero s’era fatto i suoi conti, ora bisognava sentir l’oste, cioè Mazzacanagghia.

Prima che arrivasse la domenica dell’insediamento di padre Leonardi a San *** (per l’esattezza, alle diciassette del diciassette novembre… e poi dicono che non bisogna essere superstiziosi!), si voleva organizzare la protesta. Ci furono riunioni a casa di Mazzacanagghia, ormai incontrastato capo.

Quella decisiva si svolse nella mattina del giorno fatale, dalle dieci alle tredici in punto (in tempo per potersi mettere a tavola, abitudine sacra ed irrimandabile nella famiglia siciliana).

– Quei signori, qualche sorpresina nostra, se l’aspettano – disse Mazzacanagghia, ad un certo punto.

– Sanno di che pasta siamo fatti! – esclamò con orgoglio ‘Mmuccabbaddi.

– Cercano di pararsi la botta! – ridacchiò mastro Antonino Bellerafonte, che tutti conoscevano col soprannome di Spuogghiavientu.

– Ma, noi sapremo andare oltre la loro immaginazione… – si provò a riprendere con tono pacato ed argomentativo Mazzacanagghia, cercando fra l’altro di non mostrare il fastidio per le interruzioni dei seguaci.

E, immediatamente ‘Mmuccabbaddi esclamò, interrompendolo appunto:

– Noi, il prete traditore, non lo vogliamo più!

– E’ carne di carogna e la lasciamo ai cani! – esclamò pure Spuogghiavientu.

– Bene! – dopo esclamarono quasi tutti.

Cioè, tutti tranne Lina Longo.

– Non buttiamo via il bambino con l’acqua sporca – disse, infatti, la signorina. – Padre Vittorio è un santo e quella gente se lo acchiapperebbero subito!

– E che dici? – le chiese Mazzacanagghia. – Gli diamo pure un premio, per averci tradito?

– Chiudiamolo nella nostra chiesa! – suggerì lei. – Non facciamolo più uscire da qui!… Io, per me… sono pronta a fare la guardia!

– Giorno… e soprattutto notte – ventilò perfidamente ‘Mmuccabbaddi.

– Pensa che perdita, se se ne va! – sorvolò, invece, Mazzacanagghia, che era un gentiluomo e non amava le allusioni.

Alzò le mani ad imporre il silenzio e finalmente poté dire il suo piano:

– Invece, lo chiudiamo dentro San ***… insieme ai suoi nuovi parrocchiani!

Tutti lo guardarono interdetti. Nessuno riusciva a realizzare come si potesse compiere un’azione simile. Ma, con Mazzacanagghia c’era da scommetterci che il modo lo trovava… lui!

– Così, gli cantano pure la ninna nanna, se ci tengono tanto, al prete! – disse, perciò, ‘Mmuccabbaddi.

– Cosa?! – saltò su il ragionier Bonaccorsi, uomo schivo, un po’ lento e rispettoso delle istituzioni. – Ma non diciamo fesserie! Per un fatto del genere c’è la denuncia!

– Sequestro di persona! – aggiunse ‘Mmuccabbaddi, un po’ ritornando sui suoi passi.

– Non sarebbe la prima galera nella storia gloriosa della parrocchia – disse Mazzacanagghia.

Poi, guardò il ragionier Bonaccorsi con occhi fermi, che scrutarono fino in fondo all’anima dell’interlocutore.

– Ragionier Bonaccorsi! – disse. – Mao scrisse che la rivoluzione non è un pranzo di gala!

– E noi non siamo una tigre di carta! – aggiunse subito ‘Mmuccabbaddi, di nuovo allineato alle posizioni del capo.

– Appunto! – balbettò il ragioniere. – Io non sono per la rivoluzione…

– Io, invece, sì! – disse Mazzacanagghia.

– Anch’io! – disse ‘Mmuccabbaddi.

– Anch’io! – dissero tutti.

Cioè, tutti tranne Lina Longo ed, ovviamente, il ragionier Bonaccorsi. Egli, uomo dabbene, gesuitico e tardo, davanti a tanto estremismo, non seppe far altro che starsene zitto.

– Faremo così – disse Mazzacanagghia, ormai vincitore. – Ci vediamo qui alle cinque meno un quarto e prima che finisca la messa entreremo in azione…

– E come? – chiese la signorina Lina Longo, con un filo di voce.

– Alle sei meno dieci, tutti insieme, contemporaneamente, con catene e catenacci chiuderemo tutte le porte di San ***.

– Oh, Dio! – si lasciò scappare il ragionier Bonaccorsi, portandosi le mani nei radi capelli.

Gli altri, invece, non dissero nulla, anche se con gli occhi espressero consenso ed obbedienza al capo.

La signorina Lina Longo tacque. La sua mente era troppo impegnata a cercare il modo di neutralizzare il tentativo eversivo.

– E poi, cara Lina, se ti piace potremo star lì per tutta la notte… a far la guardia al prete! – concluse nel frattempo Mazzacanagghia.

Sentite queste intenzioni, la poveretta non ce la fece più a contenersi. Si alzò di scatto e se ne andò verso l’uscita.

– Eh, no! – la fermò Mazzacanagghia. – Il prete non dev’essere avvertito!

Ella spalancò la bocca per la meraviglia e guardò in giro, cercando solidarietà. Trovò soltanto occhi gelidi… e si sentì morire.

– Non vi fidate di me? – chiese, col mento che le tremava per l’imminente pianto.

Mazzacanagghia la guardò dritto negli occhi.

– Ci fidiamo – disse. – Ma, ti avverto che se il prete saprà qualcosa…

Fece uno sguardo eloquente, mentre le apriva galantemente la porta e concluse:

– Di qui, adesso stai uscendo tu, quindi… Mi spiego?

Alle sedici e trenta a casa di Mazzacanagghia squillò il telefono.

– Sono Lina Longo – gli disse Lina Longo.

– Bene – disse Mazzacanagghia, un po’ sulle sue (si fidava fino ad un certo punto). – Parla che ti ascolto.

– Davvero non ci sono altri modi?

– Almeno…

Cincischiò col filo del telefono. Da un lato, non gli andava di dare un’idea finita delle soluzioni che era capace di inventare.

Però, intelligentemente, decise di mostrare la sua intelligenza facendo il modesto.

– Almeno, io non so pensarne altri – disse perciò.

– E lo scandalo?… Hai riflettuto sullo scandalo?

– Quale scandalo?

– Diranno che siamo dei violenti.

– Se non facciamo nulla, ci diranno pecoroni…

E per un po’ egli sorrise al silenzio che arrivò dall’altro lato del filo (la battuta era stata efficace, più o meno pensò).

– Che vuoi farci? – aggiunse. – Non si può avere tutto.

– Il vescovo non ce la perdonerà – rilanciò la cocciuta Lina Longo.

– E allora? Ci dia un altro parroco piuttosto, il vescovo!

Aspettò una reazione, che non ci fu (bene!… più o meno pensò ancora) e completò:

– Ci manda un parroco nuovo di zecca, tutto nostro… e noi torniamo buoni come agnellini!

– E la Pacem in terris?… E l’unità delle chiese sotto l’unico Dio?

– Che c’entrano col nostro discorso?

– E Dio come Dio d’amore?

“Ecco, te pareva!” pensò (questa volta alla lettera) Mazzacanagghia, collegando la parola amore con i pettegolezzi che correvano su Lina Longo ed il prete. Ma, ovviamente, non disse niente.

– E la fratellanza cristiana? – incalzò lei.

– Fratellanza con quei vermi? – egli saltò su, a questo punto. – Senti a me!… Solo San *** sa chi sono i padri di quelle malenuove!

Per diversi secondi fu tentato di chiudere la conversazione su questa battuta. Ma, purtroppo, ormai si era troppo avanti e non era il caso di recidere i contatti con lei. Le chiese:

– Come faccio ad esserci fratello?

Ella comprese subito di aver toccato il tasto sbagliato. Le argomentazioni teologiche non erano il mezzo giusto per placare le animosità campanilistiche.

– Io non li difendo… – cercò di riprendersi.

– Brava, allora collabora! Ci vediamo alle cinque meno un quarto.

La signorina Lina Longo tirò un gran respiro, come chi si è deciso, e si aggrappò alla cornetta con tutt’e due le mani. Aveva concepito un piano, che in condizioni normali mai avrebbe osato concepire.

– Avrei un’idea… – cominciò.

– Cioè?

– Difficile spiegarla per telefono…

– E che si fa, allora?

– Perché non vieni, così ne parliamo di presenza?

Mazzacanagghia sospettò l’inganno ed esitò. Ma solo un po’. Non era tipo da far la figura di chi si tirava indietro, specialmente davanti a una donna. Mentalmente, si ripromise di stare bene in guardia ed accettò la sfida:

– Va bene. Fra dieci minuti sarò da te.

Sette minuti dopo suonò alla porta della donna.

– Sono tutti pronti? – chiese lei, mentre lo faceva entrare.

– Prontissimi, credo – egli rispose.

– Il capo sei tu… – gli disse, facendolo accomodare in salotto.

Egli non rispose. Ma, non poté evitare il piacere di confermare indirettamente, dicendole, mentre si sedeva:

– Mi aspettano per passare all’azione.

– E’ vero. Se non ti muovi tu, nessuno si muoverà!

– Già!

– Ma tu… ovviamente… ti muoverai!

– Ovviamente!

– A qualsiasi costo?

– A qualsiasi costo!

“Padre Vittorio, assistimi nella prova!” invocò in cuor suo la signorina Lina Longo, stringendo la coroncina del rosario che portava al collo.

E passò all’azione: pregò a fior di labbra, si fece il segno della croce e, con un improvviso e deciso movimento delle braccia, spalancò la giacca del tailleur.

Non indossava nulla, di sotto… e poté dimostrare che il suo seno, sebbene abbondante, stava ben diritto sulle sue stesse forze.

– A qualsiasi costo? – ella volle domandare di nuovo.

– Oddio! – disse lesto Mazzacanagghia. – Non facciamola esagerata con queste beghe di parrocchia!

Restò con lei fino a tarda notte ed i suoi fedelissimi, che aspettavano lui per entrare in azione, non entrarono in azione.

Così, la messa di padre Leonardi a San *** si celebrò senza disturbi.

Nessuno (tranne quei centocinquanta-duecento amici stretti di Mazzacanagghia) seppe mai come andarono veramente le cose.

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Pubblicato da IL GIORNALE DI ROCAMBOLE

Salvatore Paolo (detto Rocambole) Garufi Tanteri ha insegnato Lettere, Storia dell'Arte, Storia e Filosofia nelle scuole statali del Piemonte, della Liguria, della Campania e della Sicilia. Ha scritto opere di narrativa e teatrali ed è autore di monografie (Vitaliano Brancati, George Orwell, Santo Marino, Sebastiano Guzzone, Giuseppe Barone, Filippo Paladini).

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