Salvatore Paolo Garufi Tanteri
Le logge della notte
Dalla massoneria alla mafia
La massoneria e la Regina Carolina
Le prime logge massoniche ben strutturate di cui si ha notizia risalgono al 1754. Esse operavano sotto l’autorità della Loggia di Marsiglia. Nel 1760, poi, ottenevano una nuova Costituzione dalla Gran Loggia d’Olanda. Ma, appena sette anni dopo, esse passarono al rito inglese, finché non si deliberò di costituire una Gran Loggia Nazionale dello Zelo a Napoli.
Questa, a sua volta, costituì quattro nuove Logge: della Vittoria, dell’Uguaglianza, della Pace e dell’Amicizia. Confermò, inoltre, due Logge dipendenti, una a Messina e l’altra a Caltagirone. In seguito, nacquero anche le logge di Catania e di Gaeta.
Da subito, la storia della massoneria borbonica si intrecciò con gli intrighi di corte. Così, contro queste logge, il 10 ottobre 1775, venne emesso un editto, che ne richiamava un altro precedente del 1751, ispirato dal primo ministro Tanucci.
Nel documento la Giunta di Stato ordinava di procedere come nei delitti di lesa Maestà, anche ex officio, e colla particolare delegazione e facoltà ordinaria e straordinaria “ad modum belli”.
La minaccia, però, non preoccupò più di tanto la fratellanza massonica. I suoi capi erano collocati troppo in alto nella gerarchia di corte, arrivando alla stessa Regina Maria Carolina. Infatti, in cima alla piramide, alla guida della Gran Loggia Nazionale dello Zelo, ci stava il principe di Caramanico, molto vicino alla sovrana.
Se, quindi, Maria Carolina poteva contare sui massoni guidati dal Caramanico e dal Duca di Sandemetrio Pignatelli, di contro ci furono due Logge a lei ostili e quella, dichiaratamente nemica, del principe di Ottajano.
Ne dava un’idea un manifesto del 7 dicembre 1775:
Precisiamo ancora che in questa città si trovano anche due Logge irregolari, che non sono state da noi mai riconosciute.
La ragione è d’una parte perché non sono state costituite in concordanza con i veri principi dell’Ordine, volendo essere governate da Superiori esteri, d’altra parte perché nel nostro paese sono atte piuttosto ad ostacolare i veri scopi, i loro membri essendo esclusivamente delle persone che consideriamo indegne di essere da noi accettate.
Oltre a queste due, vi è in quest’Oriente ancora una Loggia piccolissima e completamente degradata, sotto la guida del Principe di Ottajano, il quale, pur essendo stato iniziato da noi, in seguito si è lasciato trascinare dal falso orgoglio di voler essere alla guida di una Loggia.
Attraverso diversi maneggi egli ha carpito una Patente dal Duca di Lussemburgo, il quale alcun tempo fà era qui presente, quale Grand Administrateur Général delle Logge francesi (…)
Egli ha cominciato i suoi lavori irregolari con alcuni Francesi e Napoletani, e persiste tuttora, malgrado il fatto che il Duca di Lussemburgo stesso, dopo aver avuto conoscenza della vera natura delle circostanze, ha riconosciuto la nostra autorità, ritirando la Costituzione da lui concessa.
In conseguenza consideriamo la sua Associazione come una Loggia irregolare.
In un clima simile, per mettere nei guai i massoni vicini alla Regina, nel marzo 1776 fu organizzata nella villetta Marselli di Capodimonte la finta iniziazione di un nobile polacco (in realtà un servo, al quale era stato promesso un compenso di 200 ducati).
Sul posto si ritrovarono dieci persone, due delle quali non massoni, sei massoni irregolari e due massoni regolari (il professore di matematica Felice Piccinini ed il grecista Pasquale Baffi).
Al cominciare dei travagli, la dimora fu circondata dalla sbirraglia, al
grido di Viva il Re! I convenuti vennero arrestati e portati nella Casa del Salvatore.
Fu, poi, redatto un curioso conto delle spese dell’operazione, destinato al primo ministro Tanucci, datato 30 marzo 1776:
Per l’incarico comunicatomi da V. E. à voce, rapporto a’ Liberi Muratori, dalli 28. del mese di Gennaio à tutto li 2. Marzo cadente, giorno della sorpresa della Loggia sopra Capodimonte, si sono spesi Docati trecento cinquanta Sette, e grana 40. E successivamente dalli Marzo a tutto li 29. detto per mantenimento de’ soldati destinati alla custodia de’ Carcerati nella Casa del Salvatore, e per spese diverse, come di carboni, olio, maniglie di ferro alle stanze, funi, cati, ed altro, per mano di Carlantonio Vittoria Capitano della Giunta di Stato, come dalle note, si sono spese Docati Sessantasei e grana 92.
E per vito (sic) ai Carcerati, che sono al numero di nove, dal di 3. Marzo per tutto li 19. detto, si son pagati al Trattore Docati sessantadue e grana 89.
Nel processo contro gli arrestati il Principe di Caramanico e Diego Naselli (anch’egli vicino alla Regina) usarono le loro amicizie per arrivare ad una sentenza mite.
La difesa, inoltre, era stata affidata al brillante avvocato Felice Lioy, della Gran Loggia Nazionale.
Così, la causa prese una svolta sorprendente: l’accusatore, un certo Pallante (quello della sopra riportata nota delle spese), fu incriminato di messa in scena e, 1’11 marzo 1777, i prigionieri erano lasciati liberi.
Ieri come oggi, la magistratura ci tiene molto ad avere la sua buona indipendenza rispetto alla banalità della logica.
Pallante cadde in disgrazia e il ministro Tanucci fece la fine che fanno oggi i politici indagati: fu messo in pensione.
Per la verità, però, anche Lioy scappò misteriosamente, recandosi a
Vicenza, dove conobbe e sposò la figlia del Gran Cerimoniere Francesco Modena, della Gran Loggia di Venezia.
Da parte sua, il gran maestro principe di Caramanico fece una formale abiura della massoneria, cosa per lo meno poco credibile, per uno che aveva avuto tale nomina a vita.
Infatti, nel 1791, mentre era viceré di Sicilia, il suo nome comparve sulla lista dei sospetti, insieme a quello di due dei suoi figli.
In quegli stessi anni, la regina Maria Carolina era ormai diventata reazionaria e fisicamente vicina a un nemico di Caramanico, il mercenario inglese, ministro della guerra, lord Acton.